Flanerí

Musica

“Un incubo stupendo”
di Management del dolore post operatorio

Ancora stenti per la band di Romagnoli

di Luigi Ippoliti / 31 marzo

Nel 2012 i Managment del dolore post-operatorio uscivano con Auff!!, un lavoro trainato da tre brani (“Pornobisogno”, “Auff!!” e “Nei Palazzi”) assolutamente azzeccati che, mischiati al nome non proprio ortososso, avevano generato un discreto interesse. Cinque anni dopo, con Un incubo stupendo, quarto lavoro in studio, è rimasto ben poco di quel gruppo.

Il 2012, Auff!!. In quegli anni i NoBraino stavano facendo terra bruciata nel mondo dell’’indie italiano e i Marta Sui Tubi piano piano scomparivano dopo aver marcato con un paio di album, Muscoli e Dei e C’è gente che deve dormire , il primo quinquennio del duemila.

Insieme al gruppo guidato da Lorenzo Kruger, sembrava che il quartetto abruzzese dovesse e potesse vestire i panni dei paladini di quel mondo opposto al mainstream.

Forse sarebbe stato così. Forse, se non fosse stato che l’’anno precedente esordivano i Cani con Il sorprendente album d’’esordio dei Cani e si abbattevano con forza contro questo universo – stravolgendo di fatto in tutto e per tutto il modo di fare, di intendere e di comunicare la musica underground italiana, ridisegnandola, inventandosi una nuova grammatica che poi sarebbe stata dogma. C’’era un prima e un dopo.

È innegabile che lo tsunami Contessa abbia offuscato (portandosi appresso la svolta vintage dei Thegiornalisti con Fuoricampo e Calcutta, fino a Pop X e all’’ultimo Giorgio Poi) gruppi come i Managment, che all’’improvviso sembravano appartenere a un’’altra epoca, fuori contesto, fuori tempo.

Ora, è chiaro che sarebbe riduttivo dire che il motivo per cui i Managment non siano riusciti a fare quel salto di qualità, o che abbiano sguazzato in questi anni in un certo anonimato, sia interamente da attribuire a I Cani. McMao e I Love You, i due album che hanno succeduto Auff!!, sono dei lavori scialbi, privi di nerbo. Un incubo stupendo sembra continuare questa sorta di declino.

Il problema di fondo non è il generale ripiegamento verso un qualcosa che assomiglia più a un pop classico con sfumature indie pop internazionali da stadio, rispetto a quella commistione di punk e pop che aveva incuriosito agli esordi. Dietro a Un incubo stupendo c’è un calo di ispirazione artistica che potrebbe presto sfociare in un vero e proprio esaurimento.

Perché i pezzi sono in definitiva banali. Ci sono brani zoppicanti come “Esagerare sempre”, in cui Romagnoli sembra essere andato a lezione di canto da un Vasco Rossi esageratamente sbronzo, e altri smaccatamente naif e sommari come “Ci vuole stile”, dal ritornello talmente allegrotto da essere deprimente. La scrittura di Luca Romagnoli, che non è mai stata sempre brillante, ma che in Auff!! aveva trovato una propria dimensione, oggi sembra proprio ridotta alla superficie delle cose, priva di spunti interessanti – se non in rarissimi casi.

Il retrogusto più amaro, però, sta nella rassegnazione artistica dei Management, che, consapevolmente o no, sembrano essersi allontanati dal proprio cuore creativo. Una direzione che distanzia drasticamente quest’ultimo lavoro dalle prime esperienze musicali della band, sancendo quasi ufficialmente l’impossibilità di un ritorno.

LA CRITICA - VOTO 5/10

Continua il declino della band abruzzese, tra passi falsi e canzoni troppo melenze per meritare una sufficienza convinta.