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Musica

Colapesce e l’altro indie

Infedele, il nuovo album del cantautore siciliano

di Luigi Ippoliti / 7 novembre

Colapesce non è mai stato così immediato. Non lo è stato in maniera così netta in Un Meraviglioso Declino, ancor meno in Egomostro. Colapesce non è mai stato così radiofonico e nonostante questo ha, probabilmente, scritto l’album più interessante della sua carriera. L’album contemporaneamente più facile e più complesso. Con Infedele, il cantautore siciliano sembra essere arrivato a un equilibrio compatibile tra quella che è la propria necessità artistica e quelle che sono le necessità del mercato musicale di questi anni.

Sembra quindi che un certo insegnamento involontario dei Thegiornalisti, ancora più di Calcutta – da capire invece dove porterà Coez –, stia avendo i suoi primi risultati. La band romana, è risaputo, è riuscita a emergere dal mondo dell’underground, arrivando alle classifiche nazionali, ai supermercati, ai bar sulla spiaggia, facendo semplicemente quello che si è quasi sempre fatto qui in Italia: scrivere canzoni italiane di musica leggera, nella loro forma più semplice.
E Colapesce, che è sempre stato un po’ ai margini di queste dinamiche, quello un po’ più sofisticato rispetto agli altri, una paradossale alternativa al mondo alternativo, è sicuramente stato influenzato da ciò che è accaduto in questi ultimi anni.

Infelede, sia chiaro, non è uno scopiazzamento dei Thegiornalisti. Non è un album piatto, omologato. È un lavoro stratificato. È l’emblema che oggi – da quella che è stata la rivoluzione de I Cani – anche chi, come Colapesce, è sempre stato fuori da certi schemi, non può non passare per un certo tipo di estetica che è un misto tra quella radiofonica e quella da youtube e per estenzione social.

Perché un pezzo come “Totale”, estremamente godibile, funziona perfettamente avendo, alla maniera di Colapesce, alcune componenti che oggi sono palesemente vincenti. Impegnato, fino a un certo punto, e scanzonato, senza esserlo troppo. Certi rimandi agli anni ’80 nei synth, che sono rimandi all’estetica del gruppo di Tommaso Paradiso, e insieme quel fare da club filtrato dall’esistenza di Facebook, alla Cosmo. Il tutto senza perdere la direzione che deve dare un cantautore. E come “Totale”, “Ti Attraverso”, che sarebbe stata la “Totale” di quest’album se non fosse esistita “Totale”, o “Maometto a Milano”, dove la dance-pop e il riferimento al negroni sbagliato rimandano all’immaginario tracciato da Niccolò Contessa.

Ma sotto a questi brani, c’è la mano netta di Jacopo Incani, al secolo Iosonouncane. C’è dunque l’impronta del personaggio che con Die ha scritto quello che probabilmente è l’album più importante degli ultimi cinque anni in Italia e che sa emanciparsi da un certo tipo di mondo. Il free jazz in chiusura quasi alla Colin Stetson di “Pantalica”; “Vasco da Gama”, forse il pezzo più bello dell’album, che rimanda a certe atmosfere oscure (in particolare nell’arpeggio centrale) proprio di Die; i fiati con cui si apre “Compleanno”, che poi muta trasformandosi in una specie di rave di un’epoca preistorica, sembrano figlie di certe intuizioni del cantautore sardo.
A completare il tutto, un pezzo folk dallo spirito americano alla Father John Misty, “Decadenza e Panna”, e una ballata al piano, “Sospesi”, dove sembra uscire maggiormente il vecchio Colapesce.

Infedele è, in definitiva, l’album più riuscito durante questo 2017 italiano, più di A Casa Tutto Bene di Brunori Sas, secondo solo a L’amore e la Violenza dei Baustelle. Il rinnovarsi del cantautorato italiano in un’epotetica era post Bianconi sembra trovare il proprio paradigma in Infedele.
Se la musica italiana popolare deve ritrovare una sua dimensione caratteristica, buon per noi che sia Colapesce ad avere un ruolo nel processo.

(Infedele, Colapesce, Pop)

LA CRITICA - VOTO 7/10

Raccogliendo il filone neocantautorale nella maniera riservata e ricercata che gli appartiene, Colapesce scrive il suo album più riuscito.