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Libri

Di fili, esistenze e inafferrabilità

Su “Acari” di Giampaolo G. Rugo

di Giulia Eusebi / 5 luglio

Acari (Neo Edizioni, 2021), esordio di Giampaolo G. Rugo, è un romanzo di racconti connessi da una sottile trama nascosta. Tredici racconti come tredici stanze che si illuminano giusto il tempo di scorgere che cosa c’è all’interno, chi vi abita, quali sentimenti albergano tra quelle pareti. Il veloce assaporare una storia, il cercare con lo sguardo qualche dettaglio che possa raccontare qualcosa in più del protagonista che popola quelle pagine e si è già altrove, spaesati dal cambio repentino, con domande che restano appese a possibili mancate risposte.

Eppure, qualcosa del precedente racconto resta, quasi fosse l’immagine evanescente che si sovrappone al fotogramma successivo. E il lettore si chiede quanto questo gioco di intersezioni sarà in grado di raccontargli del filo sotterraneo che lega ogni cosa.

Con Acari, Giampaolo G. Rugo vuole mettere in scena – lui che per il teatro e il cinema scrive da anni – un gioco di specchi per parlare dell’inafferrabilità delle cose. Sembra quasi un contrappasso, quindi, che il titolo del libro ruoti intorno al personaggio di Claudia, ex reginetta di bellezza che si è ritrovata a vendere aspirapolveri porta a porta. Elettrodomestici in grado di afferrare l’invisibile, quella moltitudine silenziosa che si ciba delle nostre scorie epiteliali, gli acari che si annidando sotto di noi e inquinano i nostri letti, disturbando metaforicamente e non il nostro riposo.

La cosa che più di tutte, però, risulta inafferrabile per i protagonisti che si avvicendano nelle pagine di Acari è la capacità di venire a patti con i propri fallimenti, o meglio con i propri mancati successi, quelli che sono scivolati di mano. Un senso di perenne inadeguatezza si srotola lungo tutta la narrazione e assume le fattezze di una voragine. C’è la vecchia ultracentenaria incapace di morire, il disabile che deve affidare alla mano degli altri ogni suo pensiero, chi attende seduto in poltrona di rielaborare un’assenza. Le vite descritte da Rugo appaiono segnate e ogni tentativo di riscatto si coagula nel ragionamento di uno dei personaggi, Mario, che con un nodo che serra gola e mente si sente sopraffatto dalla sua stessa affermazione: «il libero arbitrio di cui tutti cianciano, è solo la possibilità di scelta tra le poche opzioni che la vita ci permette».

Le storie prendono a intersecarsi tra loro come la tangenziale di una Roma gigantesca, ipertrofica, sfondo narrativo sempre un po’ appannato, seppur presente. I racconti di Rugo sono svincoli, sopraelevate, strade che possono congiungere o allontanare. Ci sono tanti mancati incontri nelle pagine di Acari. I protagonisti di queste storie sembrano costretti da un destino malevolo a perdersi e a perdere continuamente: perdere un amore, perdere l’occasione per svoltare la propria vita, perdere se stessi. Tuttavia, sebbene un sottofondo malinconico accompagni tutto il libro, non mancano lampi di cinica ironia realista a mitigare il sapore amaro che resta in bocca.

Nel leggere il libro di Rugo si avverte come le storie si siano generate in tempi differenti, per poi disporsi pian piano una accanto all’altra, sostanziandosi vicendevolmente. Voci e lessici diversi trovano posto in una narrazione che spazia nel tempo, e così il presente asfittico di una mancata promessa del calcio è messo di fianco alla leggerezza abbagliante di giovani liceali degli anni Ottanta travolti dall’ebbrezza di sentirsi vivi davanti a un letto d’ospedale.

Ogni racconto non è altro che la possibilità di guardare da una diversa prospettiva, spaziale e temporale, ciò che le altre storie hanno già raccontato o stanno per raccontare. Forse un tale gioco narrativo non è subito comprensibile e per questo motivo le prime storie di Acari possono apparire sconnesse, claudicanti. Si tratta solo di pazientare e di familiarizzare con la struttura costruita da Rugo per apprezzarne poi i rimandi e ritrovarsi a seguire le vite dei protagonisti per scoprire dove e come i vari fili si sono annodati per poi proseguire il loro percorso.

In Acari Giampaolo G. Rugo racconta vite umane, umanissime, talvolta invisibili e meschine come quelle degli stessi acari, e questo narrare antieroi che scivolano apparentemente non visti lungo l’asse temporale delle esistenze proprie e altrui lo fa con una lingua schietta e ionizzata, in grado di catturare le cariche positive o negative degli universi che descrive per restituirli tutti insieme al lettore, purificati.

 

(Giampaolo G. Rugo, Acari, Neo edizioni, 2021, 192 pp., euro 15, articolo di Giulia Eusebi)