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Libri

L’arte di essere bravissimi

“Bravissima” di Paola Moretti

di Giovanna Nappi / 31 gennaio

Ricerca della perfezione, sacrificio costante, competitività esasperata. Nel manuale del buon atleta – laddove l’aggettivo si riferisce esclusivamente al grado di eccellenza e al numero di vittorie all’attivo – perseveranza e una buona dose di ossessività imperano e vengono accettate come parte del processo, un passaggio ineluttabile per essere i migliori.

Nulla di diverso sembrerebbe esserci in Bravissima (66thand2nd, 2021), romanzo d’esordio di Paola Moretti (vincitrice del contest per l’antologia di racconti sportivi Per rabbia o per amore, a cura di effe – Periodico di Altre Narratività e 66thand2nd). Antonella, con suo marito Claudio e la loro figlia di nove anni Teodora (detta Teo), si trasferisce da Milano in una cittadina costiera del centro Italia per ragioni lavorative. Un grande cambiamento che ridisegna gli equilibri familiari e, in quanto tale, necessita di una fase di rodaggio, di inserimento nel nuovo contesto.

Guidata dal tentativo di facilitare la vita a una preadolescente calata in un’altra città e superare l’inserimento senza grossi drammi, Antonella decide di supportare il desiderio espresso da Teo di iniziare ginnastica ritmica: potrebbe rivelarsi l’occasione per socializzare con le altre bambine, per sentirsi parte di un gruppo e non l’ultima arrivata.

Ci sono tutti i presupposti per la costruzione di un nuovo assetto: una “scalata” lavorativa per Claudio, un nuovo impiego per Antonella, una nuova passione per Teo. Ma la narrazione sportiva trova qui nuove forme e prospettive: Moretti rovescia il cliché che vuole genitori apprensivi e sempre presenti, madri e padri instancabili coach e tifosi scatenati dei propri figli.

Nata come hobby, la ginnastica si trasforma presto in un’attività totalizzante per la bambina, che sopperisce all’irrisolutezza tipica della sua età con un’estenuante ricerca della perfezione per diventare bravissima, appunto. Antonella assiste a tratti incredula alla mutazione in atto, alle privazioni cui Teo si sottopone autonomamente, agli allenamenti sempre più frequenti, alle nuove geometrie degli spazi di sua figlia. E a una nuova geometria deve adeguarsi lei stessa.

Deve ridiscutere il suo ruolo di madre e imparare a muoversi su un campo minato da cui non può scappare. Ma cosa fare? Assecondare quello che tra qualche anno sarà solo il ricordo di un’esperienza sportiva, o intervenire prima che la ginnastica non lasci più spazio per l’infanzia, compromettendo in maniera definitiva il suo futuro?

«Era il mio turno di andarle a prendere, ma la lezione proseguì un po’ oltre l’orario stabilito. Continuava a stupirmi vedere la fluidità dei movimenti, la grazia dei passaggi, la leggerezza nei salti, l’impressione di facilità che riuscivano a trasmettere nonostante fossi perfettamente a conoscenza di tutta la fatica, del dolore fisico e delle rinunce che c’erano dietro, e mi domandavo cosa fosse rimasto di infantile in queste bambine».

Ma Moretti non vuole e non può esaurire il ruolo di Antonella a quello di madre. Pur raccontandone i dubbi, le perplessità, gli errori in riferimento a Teo, è in grado di restituirle ulteriore spessore: sebbene la si trovi rare volte da sola o in relazione ad altri oltre a sua figlia, si tratta di un personaggio compiuto, sul quale il lettore sosterebbe volentieri anche oltre l’ultima pagina. I silenzi al telefono con sua madre, che compare saltuariamente e che è capace di avvicinarsi a Teo senza turbarla, la maturità professionale che può sfoggiare senza essere giudicata, i momenti di solitudine che riesce a ritagliarsi nonostante tutto, sono elementi che ricorrono nel romanzo come graduali fasi di affermazione dell’io.

Bravissima è il racconto di un legame accidentato che deve fare i conti con l’imprevedibile che entra nelle mura domestiche, che deve comprendere forme di fragilità non previste.

 

(Paola Moretti, Bravissima, 66thand2nd, 2021, 224 pp., euro 16, articolo di Giovanna Nappi)