Flanerí

Musica

“Hanno ucciso l’Uomo Ragno”, vent’anni dopo

di Alessio Belli / 12 giugno

Nel ’92 non avevo ancora sei anni. E con l’Uomo Ragno ci giocavo tantissimo. Steso sul pavimento della mia cameretta. Su Rai 1, all’interno di quel contenitore per ragazzi chiamato Solletico, facevano i suoi cartoni animati. Quella canzone in parte mi sconvolse. Per un bambino era uno shock; come può morire l’Uomo Ragno? Chi può ucciderlo? Lui è un supereroe, non può soccombere!
Con il tempo, grazie ai compagni di classe, alle gite, alle vacanze, alle feste, ai walkman, ho iniziato a cantare quella canzone e il trauma è stato superato. Intanto gli anni ’90 procedevano musicalmente in parallelo con la mia spensierata crescita. Alla dipartita del supereroe, succedettero le cassette di Nord Sud Ovest Est e La donna, il sogno, il grande incubo. Di quest’ultimo ho i ricordi più belli, anche per la copertina dylaniana (da Dylan Dog, ovviamente). A quattordici anni, dischi come Grazie Mille e 1 in +, erano parte del mio dna. Adesso che di anni ne ho venticinque e sono passate due decadi dall’uscita di Hanno ucciso l’Uomo Ragno, finalmente Mr. Max Pezzali è celebrato con gli onori che merita. L’involucro con cui la sua musica – e fino a un certo punto quella di Mr. Repetto – è stata etichettata è finalmente lacerato. La voce e le sue parole, semplici e quotidiane come quelle di un amico, capaci di raccontare – e magari spiegare – la vita, adesso sono finalmente consacrate a culto della nostra musica. Ma il bello è che tale celebrazione avviene sia dalla critica ufficiale e spesso piuttosto snob, sia dai social network iper-moderni e giovanili, Twitter e  Facebook su tutti. Qualche mese fa, Rockit ha messo online in download gratuito Con due deca, compilation di cover degli 883 eseguite da giovani band indie italiane: ha sbancato nei record di scaricamento. Giusto così: significa che cambiano le generazione ma non il narratore e la sua melodia; si chiama universalità e la possiedono in pochissimi. In Italia quasi nessuno.
Allora non è corretto parlare di consacrazione, quanto di giustizia. Non ha bisogno di nessuna consacrazione un autore entrato così visceralmente negli individui più diversi e tra gli addetti ai lavori più distanti. Per non parlare della quantità di copie vendute e del successo. Le canzoni degli 883 e di Max Pezzali sono inni; lo sono stati – e lo saranno – per me, come lo sono per i miei fratelli e lo saranno per i miei figli.
Oggi esce la versione speciale di Hanno ucciso l’Uomo Ragno, con inediti duetti dei modernissimi rapper e la new song “Sempre noi” con J-Ax. Nonché un commovente ritorno nel videoclip del brano.

Il bello di tutto ciò, comunque, è vedere il sereno e pacato compiacimento con cui Max sorride di gusto. Io dico che l’Uomo Ragno non è mai morto, se però davvero l’ha ucciso qualcuno, è stato proprio Max. Ma lo perdono.