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Cinema

“La frode” di Nicholas Jarecki

di Francesco Vannutelli / 11 marzo

Esordio promettente quello di Nicholas Jarecki con La frode, dietro le quinte del capitalismo finanziario più truffaldino degli ultimi anni, con un cast d’alto livello che vede Richard Gere affiancato da Susan Sarandon, Laetitia Casta, Tim Roth e dai promettenti Nate Parker e Brit Marling.

Robert Miller è un tycoon di successo, centro propulsore di una galassia finanziaria in continua espansione. Arrivato a sessant’anni, però, sente la necessità di liberarsi della sua impresa. Il motivo dichiarato è quello di voler passare più tempo con la famiglia. La verità nascosta nelle pieghe dei bilanci è un’ingente truffa, un mascheramento di un ammanco che potrebbe costargli tutto, dalla fortuna alla libertà, fino al futuro degli amati figli. Per questo Robert è teso la sera del suo compleanno. Attende che un importante gruppo bancario firmi il contratto di acquisto delle sue quote societarie prima che le irregolarità emergano, ma il direttore tergiversa, lo tiene sul filo. In casa nessuno sembra sospettare nulla, tranne la figlia Brooke, la più intelligente, la più amata, che interroga il padre su alcuni bilanci insoliti. La felicità per Miller è nella giovinezza di Julie, artista inquieta che protegge e foraggia mentre progetta sogni di fuga che si infrangono all’alba di un guard rail. È il fatto di sangue che stravolge un ordine imperfetto e scatena dietro Robert l’ispettore Bryer, segugio più temibile delle agenzie di revisione contabile.

Partendo dai ricordi personali del suo vissuto nell’alta società newyorkese e dalle esperienze lavorative accumulate come imprenditore, il trentaquattrenne Jarecki confeziona un’opera prima solida e interessante che punta i riflettori sulla vita privata della finanza statunitense. Quello che interessa al regista e sceneggiatore non è mostrare le dinamiche della finanza malata ma le logiche di un finanziere malato, afflitto da una megalomania patologica che lo porta a sentirsi un dio capace di tutto. Lo spirito stesso del capitalismo è tutto nel riuscire a mettere le mani su una parte il più grande possibile del denaro esistente al mondo, o quanto meno far credere di esserci riusciti, dichiara Miller/Gere all’inizio del film. Il suo scopo è quello di preservare la sua quota di ricchezza in un mondo in cui la morale non si declina mai in senso universale ma solo verso scopi relativi e utilitaristici. Non esistono buoni; tutti hanno un prezzo, nessuno ha un valore. L’ispettore Bryer di Tim Roth (il personaggio meno riuscito, non aiutato da un’interpretazione eccessivamente carica) cerca la verità senza badare troppo alla giustizia o alla legge, abusando del proprio potere inseguendo una punizione per Miller che assuma il valore di catarsi sociale. L’acquirente James Mayfield (interpretato da Graydon Carter, il direttore di Vanity Fair sulle cui inchieste si è basato Jarecki per descrivere la corruzione del mondo finanziario) è pronto a perpetrare la frode di Miller per difendere il proprio investimento.

Anche la famiglia, che Miller ama realmente – almeno quanto ama il brivido del denaro e la soddisfazione narcisistica di un’amante giovane e bellissima – e per cui è pronto a fare tutto, si muove in direzione di un’etica personale. La moglie Ellen/Sarandon sopporta i tradimenti e le bugie, solo all’apparenza ignara e paziente, controllando in silenzio che le azioni del marito non mettano a rischio il futuro dei figli. La figlia Brooke, erede designata dell’impero, elogia pubblicamente le virtù del padre dopo aver liberato in un serrato confronto quella verità capace di spazzare via il totem della perfezione paterna.

C’è una connotazione spaziale per la verità: è possibile solo all’aria aperta (il dialogo con la figlia, appunto, l’incontro con l’avvocato). Negli spazi limitati si comprime e si camuffa (in macchina, in ufficio, lo scontro Sarandon-Gere attraverso la barricata del talamo), nel chiuso della società, nei saloni delle feste, tra i tavoli delle cene formali, si perde completamente.

Sorretto dalla colonna sonora tesa di Cliff Martinez (messosi di recente in evidenza con Drive), La frode è un thriller finanziario compatto e spietato con il mondo cannibale degli affari, l’incoraggiante esordio di un regista da tenere d’occhio.

(La frode. Sesso, potere e denaro sono il tuo migliore alibi, di Nicholas Jarecki, 2012, thriller, 107’)