Cinema
“La città ideale” di Luigi Lo Cascio
di Francesco Vannutelli / 11 aprile
Presentato a Venezia alla Ventisettesima Settimana della Critica, La città ideale segna l’ambizioso ma interessante esordio dietro la macchina da presa di Luigi Lo Cascio dopo varie regie teatrali.
L’architetto Michele Grassadonia è un ambientalista convinto ai limiti del fanatismo. Si è trasferito a Siena dalla natia Palermo molti anni fa, convinto che il borgo del Palio fosse la città ideale, il luogo adatto per vivere, costruito e mantenuto sul progetto medievale di accessibilità a misura d’uomo. Il suo rigore ecologista lo ha portato all’esperimento estremo di vivere per un anno senza luce elettrica e acqua corrente, cercando di essere autosufficiente raccogliendo la pioggia in secchi e accumulando l’energia attraverso rudimentali dinamo collegate a cyclette. Un giorno il suo capo lo costringe a prendere la macchina per portare la sua amante a una festa in cui sarà presente anche la moglie. Grassadonia resiste, ha rinunciato alle macchine per non inquinare, poi si lascia convincere da un’auto elettrica. Mentre guida sotto la forte pioggia per raggiungere casa della donna, l’architetto si trova coinvolto in una serie di confuse coincidenze che lo faranno finire indagato per l’omicidio colposo di un noto imprenditore locale, da lui stesso trovato e soccorso privo di conoscenza a bordo strada, forse a seguito di un incidente, in una via nota per le frequentazioni a luci rosse.
Guarda più alle sue esperienze a teatro e all’interesse per la letteratura che al cinema Luigi Lo Cascio nella sua opera prima. Kafka (già portato in scena con il monologo Nella tana) è il riferimento più importante, quasi ingombrante. La città ideale attinge da Il processo, pur modificandone il presupposto di partenza della conoscenza dell’imputazione da parte del protagonista, per analizzare il rapporto, spesso antitetico piuttosto che coincidente, tra Verità e Giustizia, tra Verità interiore e Verità esteriore. Il Grassadonia di Lo Cascio, anche autore di soggetto e sceneggiatura, è afflitto dal dubbio atroce di essere realmente colpevole dell'omicidio, si batte per esporre la propria verità a giudici e autorità più interessati alla forma e alle sfumature delle parole che a quello che realmente c’è da dire. Da comune cittadino animato da ingenuo idealismo si trova a confronto con la rappresentazione della Verità propria di un’istruttoria penale, con quel delicato equilibrio di silenzi e affermazioni che sono l’arte degli avvocati. Solo, isolato, Grassadonia si rintana nella sua cantina dopo aver subaffittato casa ad una studentessa ricca e bella che tiene tutte le luci accese e gli invade il sonno in sequenze oniriche che creano più confusione che tensione. La città ideale non gli appartiene più. Sente più forte l’identità – ancora Kafka – che come una catena lo tira verso casa a cercare risposte.
Luigi Lo Cascio si affida soprattutto agli attori, per lo più esordienti (inclusa la madre, nel film e nella vita, Aida Burruano), piuttosto che a trovate registiche: molti primi piani, troppi su se stesso, qualche spazio di sperimentazione nelle scene di sogno ridondanti, per il resto semplicità. L’attenzione è concentrata soprattutto nella scrittura: più che sull’intreccio, pieno di sottotrame accennate e non debitamente sviluppate, sulla costruzione di tensione attraverso la riflessione che finisce gradualmente per tingere la storia di giallo rivelandone, però, le debolezze. Alla base c’è un’indagine, ma nessuno indaga a parte il protagonista. La ricerca di una verità che sia anche solo giudiziaria non è neanche accennata ma data immediatamente per scontata mostrando incongruenze, forse ingenuità, nella sceneggiatura (non si cercano testimoni nelle case vicino all’incidente, per dire).
Concentrandosi soprattutto sulla dimensione interiore, La città ideale vuole essere un thriller morale, un’indagine sulla coscienza dell’individuo chiamata alla prova con qualcosa di esterno e più grande come la Giustizia. Un obiettivo non semplice, non centrato, ma a cui Lo Cascio si avvicina con stile.
(La città ideale, di Luigi Lo Cascio, 2012, thriller, 105’)