Varia
“Harper’s Island” di Ari Schlossberg
di Mirko Braia / 17 aprile
Benvenuti ad Harper’s Island. Su questa ridente isola turistica vi attenderanno bei paesaggi, un ambiente accogliente, amici di infanzia e il fantasma di un assassino capace di commettere sette brutali omicidi prima di sparire per sempre. Forse.
Se volessimo limitarci allo strettissimo necessario, arrivando forse a banalizzare un po’, basterebbero pochissime righe per mettervi al corrente su cosa vi aspetta guardando Harper’s Island. John Wakefield, dopo aver eliminato sette innocenti, viene ucciso dallo sceriffo Charlie Mills. Tra le vittime anche sua moglie: questo il motivo che lo spinge a mandare la figlia Abby a vivere a Los Angeles con altri familiari. Sette anni dopo la ragazza si trova di fronte all’invito del caro amico di infanzia Henry, felice di annunciarle il suo matrimonio. Il luogo della cerimonia? Ovviamente l’isola da cui lei è fuggita per tutta la vita. È l’occasione giusta per affrontare le proprie paure, i propri demoni e il proprio passato. Ma il presente e il futuro riserveranno a tutti gli invitati ben altro; John Wakefield sembra essere ancora vivo, e il suo compito non è ancora terminato.
In un crescendo di tensione e di colpi di scena la trama (o quel poco che si può definire tale) giunge, tra una morte improvvisa e l’altra degli invitati alla festa, alla sua naturale conclusione. Cercate di non affezionarvi a nessuno, è un consiglio spassionato. Quanto detto fino a ora potrebbe non rappresentare un luminoso spot per la serie, anzi forse potrebbe far nascere qualche interrogativo tra i lettori. Viene quasi scontato chiedersi perché consigliare Harper’s Island a questo punto. La risposta, paradossalmente, sta nell’originalità di questo progetto. Ari Schlossberg ha presentato alla CBS un’idea fin troppo abusata in ambito cinematografico, ma nella quale gli show televisivi non si erano spinti spesso. Per farla breve, trasformare Scream in una serie (ovviamente con tutte le differenze del caso) non era cosa da tutti i giorni. Questo è uno dei motivi della tanta curiosità da parte del pubblico.
Durante la messa in onda qualche difetto è sicuramente saltato fuori: primo su tutti un ritmo non proprio esaltante negli episodi iniziali, in cui la storia deve ancora prendere completamente piede e ci si concentra maggiormente sulla caratterizzazione dei personaggi e sugli intrecci, a discapito di una narrazione non sempre appassionante. Concedendo un po’ di pazienza e sorvolando su qualche punto, l’interesse aumenta senza ombra di dubbio, regalandoci una sorta di lungometraggio horror/thriller lungo quasi dieci ore. A dimostrazione di un intento più da sperimentazione che da ricerca del capolavoro del brivido c’è per esempio la scelta dei titoli dei singoli episodi: 13 titoli onomatopeici per ricordare il modo in cui ci lascia la vittima della settimana (o una della lunga lista a seconda della puntata). Per farvi un esempio vi basta leggere uno dei titoli, “Crackle” (in italiano letteralmente “crepitio”), per potere avere una vaga idea di quanto potrebbe accadere.
Proprio in previsione di questa lunga serie di vittime quasi l’intero cast è rimasto all’oscuro della propria ultima puntata fino alla consegna del rispettivo ultimo copione.
Altro punto a favore dello show è poi l’idea, avuta fin dal primo momento, di poter chiudere con la prima stagione, in modo da non lasciare punti in sospeso e regalare un finale in grado di mettere un punto a tutte le vicende; indubbiamente più di quanto si possa dire di tanti altri sfortunati colleghi presentati proprio su LaSerie nelle scorse settimane.
Come già sottolineato in precedenza se le vostre aspettative non sono eccessive, se di horror avete già fatto indigestione tramite il cinema ma sentite ancora un buco nello stomaco, se cercate più un “passatempo” che un nuovo capolavoro cui affezionarvi, allora Harper’s Island potrebbe essere proprio quanto fa al caso vostro.