Libri
ilSaggiatore: a tu per tu con Serena Casini
di Serena Agresti / 24 aprile
Questo mese, per la casa editrice il Saggiatore abbiamo intervistato Serena Casini, che si occupa sia di saggistica che di narrativa, il cui punto d’incontro editoriale è la collana le Silerchie.
Ciao Serena, per prima cosa ti ringraziamo della tua disponibilità. Da quanto lavori a ilSaggiatore? Puoi raccontarci in cosa consiste il tuo lavoro?
Ciao Serena… lavoro a ilSaggiatore dal 2008, dopo un master a Roma, alcune collaborazioni con service editoriali e case editrici romane, e uno stage proprio nella redazione di via Melzo. Oggi, a fianco di Giuseppe Genna, mi occupo di scouting e editing per la narrativa italiana. Festival, concorsi per esordienti, agenzie letterarie, cassetti chiusi sono tutti luoghi dove mettere il naso, dove cercare quei testi in cui dopo affondare le mani. Ed è proprio in questa seconda fase che che si compie la bellezza del lavoro, nel rapporto che si instaura con l’autore e nel confronto costante con lui. Il mio – e quello dei colleghi di redazione – è un lavoro artigianale, si tratta di oliare meccanismi che non funzionano ancora, smussare passaggi, plasmare periodi e dare loro quella forma che avrebbero nella testa dell’autore.
Quali caratteristiche deve avere, secondo te, la figura dell’editor, soprattutto di narrativa?
Deve avere curiosità, attenzione, sensibilità e orecchio. Una sorta di orecchio assoluto. La presunzione di sentire le note dissonanti, che, anche minime, insidiano l’armonia totale del libro.
Le Silerchie sembrano essere l’anello di congiunzione ideale tra la saggistica e la narrativa. Che cosa ci puoi dire di questa collana rifondata da circa un anno con la volontà di perseguire l’intento della originaria Biblioteca delle Silerchie, ideata da Alberto Mondadori?
Le Silerchie sono piccoli gioielli, perle di fiume, l’una diversa dalle altre. E sono specchio della tradizione de ilSaggiatore, della sua grande storia di casa editrice indipendente e di cultura. Come hai detto tu, nella collana si trovano saggi attenti al passato – abbiamo ripubblicato Matrimonio medievale di George Duby, con la nuova introduzione di Ida Magli –, e al presente – Intrigo internazionale di Fabio Cleto, un saggio sul camp, arricchito da oltre 150 immagini. Come per i saggi, anche per la narrativa alterniamo tra recupero di un passato nobile e ricerca di un presente autorevole: da Joyce Carol Oates di Acqua nera e dalla splendida Annemarie Schwarzenbach di Ogni cosa è da lei illuminata, ad Alessandro Bertante, Helena Janeczek e Tommaso Pincio, strizzando l’occhio alla poesia – proprio oggi sto lavorando a una delle prossime uscite, che avrà come protagonista Milo De Angelis.
Che la casa editrice il Saggiatore sia conosciuta soprattutto per i suoi ottimi libri di saggistica è cosa nota. Lo stesso vale per la narrativa straniera con autori del calibro di Jonathan Lethem, Carlos Fuentes e David Peace. Che cosa ci puoi dire invece della narrativa italiana?
La narrativa italiana è una scommessa che, un anno fa, l’editore ha voluto fare e che ha riscosso l’entusiasmo di tutti. Abbiamo deciso di dare spazio a testi e autori che riteniamo emblematici e significativi, cercando l’intensità e la letteratura che vada al di là di qualsiasi genere, forma e stile. Quindi racconti, come Nove storie storiche di Cesare De Marchi, romanzi come Nello specchio di Cagliostro di Vittorio Giacopini, Ultimo Parallelo di Filippo Tuena e L’impero familiare delle tenebre future, esordio narrativo di Andrea Gentile.
Per concludere, qual è il libro de il Saggiatore che più hai amato fino a questo momento e che ti sentiresti di consigliare ai nostri lettori? Vale anche un libro che deve ancora uscire…
Ho già nominato Annemarie Schwarzenbach, che ho scoperto e amato proprio lavorandovi a ilSaggiatore. Potrei citare libri di autori a cui sono molto affezionata – e un po’ l’ho già fatto – al punto che sono diventati poi amici. Tuttavia il libro a cui tengo di più deve ancora uscire. Per ora posso dirti che l’autore è un romano, nato l’anno dello sbarco sulla Luna, ma, cara Serena, te ne parlerò meglio tra sei mesi.
Grazie per questa chicca finale e in bocca al lupo per il tuo lavoro. A presto dunque.