Libri
“La famiglia Karnowski” di Israel Joshua Singer
di Michele Lupo / 29 aprile
Israel Joshua Singer (1893-1944), fratello maggiore del molto più noto Isaac Bashevis, fra le altre cose scrisse un corposo romanzo, La famiglia Karnowski, che ora è possibile leggere in italiano nelle edizioni Adelphi. Scriveva in yiddish, Singer, condannandosi perciò da se stesso a una certa marginalità. Il libro, pubblicato nel 1943 a New York,offre una possibilità inedita per il lettore italiano, che si trova di fronte intanto una storia di famiglia, di svolte generazionali interne a un ceppo ebraico che corrono impastate agli sviluppi storici dell'Europa nei primi decenni del '900. Fino alle soglie della tragedia che tutti conoscono.
All’inizio incontriamo David Karnowski, ebreo polacco, noto come tutti i componenti della sua famiglia per il «carattere testardo e provocatore» ma altresì per la «vasta erudizione e l'intelligenza penetrante». Combinazione non favorevole all'incontro con atteggiamenti culturali particolarmente chiusi, oscurantisti, come quello chassidico dello shtetl col quale è presto costretto a fare i conti. David, poco tollerato a sua volta, decide di trasferirsi con la moglie a Berlino.Una malintesa Germania, la lingua tedesca, una certa idea di cultura improntata a un ebraismo illuminista sono quanto di meglio si offra alla sua immaginazione. David però è anche un commerciante agiato, che si muove con opportunismo fra esigenze culturali e materiali; il suo bisogno di integrazione, favorito dal principio che occorra essere «ebreo tra gli ebrei, tedesco tra i tedeschi» ignora l'impossibilità di perimetrare il mondo secondo i propri calcoli. Col passare del tempo emerge una certa rigidità (spia ne è il rapporto difficile con il figlio George), in fondo una paura di non essere all'altezza degli obiettivi che si è proposto. Motivo, quello di voler «diventare come gli altri», che nello svolgersi degli avvenimenti assume un valore sempre più drammatico. Le spinte nazionalistiche, identitarie e guerrafondaie cominceranno ben presto a mappare (e a macchiare di sangue) l'Europa a ogni angolo. La patologia nazista è prossima. Essere un ebreo, con tutte le cautele della giovinezza, è un destino che a un certo punto ti chiede il conto. Saranno il figlio e il nipote (il libro è diviso in tre parti) a misurarne gli effetti violenti. La parabola della casata si costruisce lentamente ma senza interruzioni. Fino al punto in cui il cerchio si chiude: il nipote di David, Jegor, si trova, adolescente, schiacciato dall'ideologia del Führer e ha vergogna del suo essere ebreo. Il padre, George, decide di abbandonare quella Germania che da paradossale “terra promessa” di David è diventata l'inferno. Ma non è detto che tutto funzioni per il meglio.
Una narrazione dall'impostazione ottocentesca, nella prima parte a tratti lenta, in cui i dettagli degli ambienti, degli incontri sociali sottolineati persino dai convenevoli più triti, danno l’impressione di trovarsi di fronte un materiale ancora da levigare. Salvo accorgersi con lo sviluppo della storia che era tutto necessario (e certi momenti, come la reinvenzione del quartiere ebraico di Scheunenviertel, sono godimento puro), e che Singer ha soltanto voluto squadernare tutto il possibile per rendere il clima sociale e psicologico di un certo mondo e mostrarne al lettore l'inconsapevole avvicinamento alla sciagura. Un romanzo-mondo prezioso.
(I.J. Singer, La famiglia Karnowski, trad. di Anna Linda Callow, Adelphi, 2013, pp. 498, euro 20)