Musica
[IlLive] Green Day @Rock in Roma, 5 giugno 2013
di Alessio Belli / 7 giugno
Avete presente quando basta un attimo per far crollare pregiudizi e supposizioni? Quando il fuoco dell’entusiasmo spazza via timore e preconcetto? Bene. È successo al sottoscritto durante i primi istanti del live dei Green Day, tenutosi il 5 giugno al Rock in Roma.
Essendo dell’86, come molti della mia generazione – e non solo – sono cresciuto con “Basket Case”, “When I Come Around” e “Good Riddance (Time of your Life)”. Dei Green Day ho vissuto in diretta la fase non proprio felicissima di Warning e soprattutto l’epocale boom di American Idiot. Ho ignorato completamente 21st Century Breakdown e viste le critiche positive da contesti autorevoli, ho ascoltato la recentissima e straripante trilogia Uno!, Dos! e Tré!. Ci sarebbero anche le polemiche sulla salute e sulle ultime uscite del leader del gruppo, ma meglio sorvolare.
Questo per dirvi che varcate le soglie dell’Ippodromo delle Capannelle non sapevo bene nemmeno io cosa aspettarmi dalla band californiana. La piega commerciale/Mtv intrapresa è palesata dalla presenza di ragazzini con IPad in mano, impegnati a fare foto e condividerle su Facebook. Poi però parte “99 Revolutions” e ti concentri sul palco. Apri bene le orecchie e sgomberi la mente. E ti accorgi della potenza e delle genuinità del rock. Non puoi distogliere gli occhi da Billie Joe Armstrong. Un vero dominatore di folle. Carisma e grinta. Qualche verso, una schitarrata, e poi di corsa da una parte all’altra del palco, a chiedere un urlo, un’alzata di mani al cielo.
“Know your Enemy” prosegue il trend positivo, ma è con la doppietta da brividi “Holiday” e “Boulevard of Broken Dreams” che le remore crollano e ci si può abbandonare al piacere urlato e ballato di un live del genere. Anche perché ormai il grezzo punk degli esordi è diventato un punk-nazionalpopolare, accompagnato degnamente dai musicisti di supporto, tra cui spicca il sassofonista Jason Freese.
Intanto Armostrong – supportato dalla furia live di Dirnt e Cool – continua a incitare la marea di fan. Le dichiarazioni d’amore in italiano si sprecano. Parte anche una bestemmia. Un fan dalle prime file lancia una bandiera italiana: lui non perde un attimo a indossarla come mantello. Altri supporter, ben più fortunati, verranno fatti addirittura salire sul palco: chi per cantare una canzone, chi per suonare la chitarra. Puri sogni di rock and roll. Che il pubblico ama vivere e applaudire, confermando una regola non scritta: quando il concerto è bello, molto spesso è merito soprattutto del pubblico.
Euforici, i Green Day martellano per ben due ore e mezza filate. A un tratto il concerto diventa una festa folle: tra maschere e conigli rosa, parte un clamoroso mash-up di cover: “Shout”, “Satisfaction” e “Hey Jude”.
Dai recenti successi “Oh Love” e “Stray Heart”, ai boati che accolgono “Basket Case” e “Minority”, i Green Day infuocano il pubblico romano con una scaletta perfetta, che si chiude all’apice con i bis di “Jesus of Suburbia” e il capolavoro – suonato in acustico e in solitaria da Billie Joe – di “Good Riddance”.
Giunge così la mezzanotte. E come nelle migliori fiabe, il sogno finisce. Mentre invece, l’estate rock romana è appena in iniziata. Nel migliore dei modi.