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Libri

“Quello che non c’è scritto” di Rafael Reig

di Gianluca Di Cara / 25 giugno

Eccoci alle prese con un romanzo per cuori forti, o meglio con due romanzi, uno all’interno dell’altro. Quello che non c’è scritto di Rafael Reig, (Marcos y Marcos, 2013), è un libro breve e di effetto che si insinua nella vita quotidiana di molte famiglie divorziate e nell’intimità di noi lettori.

La trama, tutto sommato, è semplice; è la narrazione a dare al romanzo uno spessore e una complessità interessanti: un marito, Carlos, e una moglie, Carmen, si lasciano dopo un matrimonio tumultuoso. Come spesso accade, la vera vittima del divorzio è il figlio, Jorge, che resta con la madre dopo un procedimento legale gestito con grande maestria – e con un certo cinismo – dalla sua avvocatessa. Secondo il padre, Jorge cresce quindi troppo attaccato alla madre, prendendo il peggio di Carmen, il suo sguardo accusatorio e il giudizio sempre pronto, e assumendo tutte quelle caratteristiche che un padre un po’ padrone, di quelli della vecchia scuola, non apprezza: goffaggine, timidezza, incapacità di relazionarsi. In questo universo dai toni ben poco rosei si intromette la nuova fiamma di Carlos, o per meglio dire la sua nuova-vecchia fiamma, Yolanda, sua passione prima del matrimonio. Dopo aver ottenuto l’autorizzazione da parte del tribunale a stare insieme al figlio in piena autonomia, dopo anni di vigilanza stabilita senza dubbio con una giusta causa, Carlos porta Jorge in montagna per un weekend padre e figlio durante il quale conta di comunicargli qualcosa di importante, senza avere il coraggio di farlo effettivamente. Prima di andarsene da casa di Carmen, le lascia – non si capisce se volontariamente o no – una bozza del suo romanzo, l’apparente realizzazione di un suo sogno artistico da tempo cullato. E qui inizia il romanzo dentro al romanzo.

Il manoscritto di Carlos si alterna al racconto principale e narra una Madrid violenta in cui un uomo dalle risorse piuttosto limitate progetta e mette in pratica il sequestro di una ragazza di famiglia agiata per trarne il maggior vantaggio economico possibile: qui Carmen e il lettore di Reig diventano un tutt’uno, le considerazioni della donna sono in realtà considerazioni più universali. Carmen, infatti, legge sì il manoscritto, ma legge anche quello che non c’è scritto, quello che secondo lei l’autore lascia intendere. Vede nella violenza del libro quella che Carlos aveva esercitato sul figlio, vede nei desideri sessuali più perversi dei vari personaggi le molestie che aveva accettato durante il matrimonio, dalle fotografie sconce alla soddisfazione del piacere del marito a scapito del suo, associa le chiamate a cui padre e figlio non rispondono al rapimento di cui legge nel libro con crescente apprensione e, soprattutto, convince noi lettori della presenza di un ineluttabile secondo fine nell’uscita fuori porta di Carlos e Jorge. Rivanga il passato, lo disconosce, disconosce il suo presente, la sua attuale vita di amante del proprio capo, e cerca di giustificare le azioni giudiziarie intraprese contro Carlos tentando di scaricare la colpa sulla sua avvocatessa. In parallelo, Carlos sta facendo la stessa cosa osservando Jorge, giudicandolo e giudicandosi, e a sua volta il bambino è inquieto, sicuro di non essere che una delusione per il padre.

L’impossibilità di separare le due finzioni narrative rende il romanzo avvincente, lo riempie di tensione, fa provare pena per una madre angosciata, per un padre incapace di gestire le numerose pressioni cui è sottoposto e, soprattutto, di trattenersi dal bere per fronteggiarle. Pena per un figlio che non riesce a vedere, dietro la durezza e il rifiuto del padre, il suo amore, e che ne trae le sue conseguenze durante quello che avrebbe dovuto essere un fine settimana di poco fuori dalle righe.

Un incontro tra un romanzo psicologico e un thriller, Quello che non c’è scritto merita senza dubbio una lode per lo stile, l’inventiva e i temi quotidiani affrontati in modo insolito.

(Rafael Reig, Quello che non c’è scritto, trad. di Francesca Conte e Claudia Tarolo, Marcos y Marcos, 2013, pp. 316, euro 17)