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Libri

“Serve una casa per amare la pioggia” di Ingrid Thobois

di Cristiana Saporito / 16 gennaio

La pazzia è un concerto. Anche quando si suona da soli. È lei la compagnia, la sinfonia plurale. E quella stessa partitura, ritualizzata fino all’orlo, identica allo stremo, dal lato di chi guarda sembra sempre un po’ spiazzante. Ogni volta lascia un andito, un perimetro incompiuto in cui tutto può succedere. È per questo forse, che ai matti ci si accosta volentieri solo quando non si toccano. Quando l’incendio lo si annusa dal balcone. Quando quei deliri non hanno arterie né saliva, quando l’urto si sfarina nel recinto di uno schermo. O magari di un libro.

Ed è esattamente questo che sibila il titolo di Ingrid Thobois, Serve una casa per amare la pioggia (Keller, 2013). Perché d’umido ci si può ammalare. E affacciandosi al romanzo la visuale è ottima, più che panoramica. I punti d’osservazione setacciati a dovere. Ad angolo giro. Quasi da torcicollo. La storia parte da un carcere, quello di Sollicciano, ma spalanca ben altre prigionie.

Protagonista è Norma Jean, insegnante di filosofia, donna/psiche sbriciolata attraverso il calvario dei suoi incontri, un mosaico che la sfalda mentre si compone. Sfortunata, Norma Jean, friabile come la diva di cui calza il nome. Un marinaio la stupra ad appena quindici anni, quando credeva di essere al sicuro; poi spunta un analista, Jean, a cui si aggrappa fino a diventarne moglie e infine Marco, suo studente fuori corso che la attrae senza sforzo. E perciò Norma Jean deraglia presto, senza aver mai saputo dove voler arrivare.

È la sua fragilità a scandire i tempi, la sua voce a cucire le altre, anche quando è dissolta e sono Jean e Marco a impugnare il racconto. La sua presenza, ossuta, tremula, maldestra, disordina le stanze e le vite che attraversa. Jean s’illude di averla guarita. Tra le parole da esperto e le braccia da uomo. Ha costruito per loro degli spazi paralleli, un nido parigino in cui non stare stretti, delle aree di confort dove conservare se stessi senza doversi sovrapporre.

Una memoria molle su cui scivola ogni numero, per non obbligarsi neanche a ricordare. Ma non basta, perché lei sguscia più dell’oblio. Va e viene. Sposta e si sposta. Da casa di Jean, dove svanisce e riappare. Dal parlatorio di Sollicciano, dove va a trovare Marco, detenuto per aver sparato alla sua donna, per essere impazzito dopo un tradimento. E quello stesso gorgo per Norma Jean è una chiamata irrinunciabile, la sirena d’oppio incollata al mare.

I frammenti vorticano fino quasi a spazientire, per poi scegliere il loro posto, quello giusto, l’incastro che li aspetta per formare l’intero. Anche le prospettive si rimescolano in fretta.Il narratore onnisciente esordisce e poi si sgretola per diventare lei, poi Jean, poi ancora Marco e avvitarsi di nuovo, cambiando gola e traiettoria.

L’eco di altre scritture si avverte facilmente. Il morbo d’amore di Patrick McGrath, che contagia le vicende di Follia e di Trauma, o le rifrazioni dissociate di un capolavoro come Spider. Ma anche le ombre ossessive di Dean Koontz e dei suoi Sussurri. Il salto dalla norma che si declina in mille mo(n)di, il prezzo estremo della libertà ritradotto in atomo, morte, isolamento, anche nella moltitudine. Perché la soluzione non prevede abbracci. La soluzione è dis-integrarsi. Come fa Adam Pollo, protagonista de Il verbale di J.M.G. Le Clézio. Che registra i dettagli di una civiltà respinta.

Nel romanzo di Ingrid Thobois, scritto con grande eleganza, si entra in un’autentica spirale: di flashback, umori, percezioni, in cui è difficile distinguere chi sia “normale” e chi deviato. Ognuno ha indosso il suo dramma e dentro quegli odori non c’è stranezza. Un tango di specchi rotti, in cui un amore si rovescia su se stesso e non può sopravvivere se non nell’ologramma, nell’idea di vetro che si è creato dell’altro.

Una trappola in cui incappare non è solo questione di follia. E non rimane perciò che ascoltare la pioggia, ben protetti fino all’ultima pagina.


(Ingrid Thobois, Serve una casa per amare la pioggia, trad. di Silvia Turato, Keller, 2013, pp. 208, euro 14,50)