Libri
“L’analfabeta che sapeva contare” di Jonas Jonasson
di Laura Porceddu / 20 febbraio
Ci vuole coraggio per anticipare, nella prima pagina di un romanzo, quel che succederà quasi alla fine del libro, anche se si tratta solo di un indizio. Eppure Jonas Jonasson, nel suo L’analfabeta che sapeva contare (Bompiani, 2013), se lo può permettere, perché riuscire a indovinare, o anche soltanto intuire, come si arriva a quel punto è davvero impossibile. Certo, è già difficile immaginarsi come una ragazza di Soweto, un sobborgo di Johannesburg, possa decidere delle sorti della monarchia svedese, ma per spiegarlo, e in un certo senso giustificarlo, l’autore parte da lontano, molto lontano.
Ad animare il racconto non è però solo la ragazza sudafricana, dotata di un’intelligenza e di una sfrontatezza fuori dal comune, ma tutta una serie di altri improbabili personaggi: un fin troppo fervente sostenitore del re di Svezia che poi cambia idea, i suoi due omonimi figli gemelli di cui solo uno registrato all’anagrafe, un ingegnere tanto stupido quanto fortunato che si ritrova a dirigere il programma nucleare del Sudafrica pur non avendone minimamente le competenze, una ragazza borghese costantemente arrabbiata con tutti e tre cinesi incoscienti e anche un po’ stupide. E giusto per citare i più importanti.
Tutta la vicenda è ancora più improbabile dei personaggi che la animano, ma proprio su questo gioca l’autore. E gioca bene, perché lavorando sul filo della verosimiglianza – tutto quel che succede è improbabile, ma non impossibile – riesce a coinvolgere chi legge ben oltre quel che ci si potrebbe aspettare per un racconto così poco plausibile. Perché non c’è mai nulla di troppo in quello che si racconta, ogni dettaglio è funzionale alla storia, anche quando sembra partire un po’ per la tangente.
Per riuscirci non basta una trama coinvolgente, ma occorre anche uno stile che gli si adatti perfettamente. E Jonasson riesce a trovare un equilibrio perfetto: sempre ironico, divertente e abbastanza leggero anche quando interseca il racconto con avvenimenti storici rilevanti. Si va per piccoli passi, altrimenti non funzionerebbe nulla, mentre ogni piccolo episodio, raccontato con la più spontanea naturalezza, appare possibile seppur improbabile, costruendo infine una storia incredibile ma coerente.
Così il racconto, che a ben vedere è lungo sia se si contano le pagine sia dal punto di vista temporale, scorre velocemente senza ristagnare mai, animato da quella protagonista così particolare che con la sua intelligenza riesce a tirarsi fuori dalla più inverosimile delle situazioni, senza mai sbagliarne una. O quasi.
(Jonas Jonasson, L’analfabeta che sapeva contare, trad. di Margherita Podestà Heir, Bompiani, 2013, pp. 496, euro 19)