Libri
“Mentre le donne dormono” di Javier Marías
di Mario Massimo / 9 aprile
Le vicende alla base dei dodici racconti che costituiscono la raccolta di Javier Marías Mentre le donne dormono (Einaudi, 2014), solo ora – a seguito, probabilmente, del pregiudizio imperante nella nostra editoria contro il racconto come genere – tradotta in italiano dal 1990 della sua prima uscita in spagnolo, ebbene, difficilmente tali vicende, si diceva, potrebbero essere prese per “vere”, nel senso piattamente banale per cui ciò che compare in un libro deve risultare così simile all’esperienza medio-quotidiana del lettore che costui possa esclamare, fra il meravigliato e il compiaciuto, «Com’è vero! Potrei averlo scritto anche io, se solo avessi il tempo di farlo!».
Cosa che è altamente improbabile accada, a ciascuna di queste dodici spiazzanti vicende, molte delle quali tramate sul tema del doppio, dell’angosciante scoperta dell’esistenza di qualcuno che è, in tutto e per tutto, la copia esatta dell’io-narrante ma, allo stesso tempo, ne rappresenta una contraffazione platealmente sbagliata, aberrante (il nuovo marito-omicida della giovane moglie da cui torna il protagonista di «La canzone di Lord Rendall»; o quello di «Una notte d’amore», inaspettatamente appagato da un nuovo, contorto amplesso con la scialba donna che ha sposato, ma che gli scrive a nome di un’amante del suo defunto padre), quando non l’anticipazione in forma di “fantasma” manifestantesi in un notturno rumore di passi matematicamente contati («Le dimissioni di Santiesteban»).
Altre volte è il tema della morte, a costituire il nocciolo narrativo del racconto: o perché, come in «Marcelino Iturriaga», il narratore ce ne trasmette la desolante esperienza del vedere la vita continuare, incolore e inamena, dal punto d’osservazione – disturbato, per altro, dai garofani puntualmente offerti dalla vedova – della propria pietra tombale; o perché, come nel racconto che dà il titolo alla raccolta, essa dovrebbe giungere a risolvere una tormentosa relazione fra un uomo di sgradevole aspetto e la stupenda creatura femminile che è oggetto della sua adorazione: e non sapremo mai, neanche a racconto finito, se sia essa, la morte, ad averla ora in preda, piuttosto che il sonno; o ancora, in «Quello che disse il maggiordomo»(la situazione, comune a quasi tutti i racconti, del dialogo fra due personaggi accostati più o meno a caso è qui efficacemente ambientata in un ascensore bloccato al ventiquattresimo piano di un palazzo di New York), dove la morte di una bambina a pochi mesi dalla nascita è insieme la cifra della svagata inaffettività della donna che l’ha generata e della virile, algida pietas del domestico che ne cura le esequie.
La gemma della raccolta è però quasi certamente «Lo specchio del martire»; e non solo per la felice invenzione del personaggio centrale, ufficiale napoleonico che si trova a vivere l’esperienza, non meno abberrante, di un tradimento non voluto per quanto inevitabile, ma anche, ancora di più, per lo splendido livello formale cui Marías riesce a condurre la sua complessa sintassi, pur senza che mai l’interesse del lettore si affievolisca, ma anzi coinvolgendolo nella sua lenticolare sensibilità alle sfumature.
In realtà, è poi l’intera raccolta, a trasmettere l’impressione di un elevato, sorvegliatissimo magistero narrativo: di uno sguardo, straniato e insieme nitidamente partecipe, volto alla inspiegabile complessità della nostra vita, come alla rivoltante assurdità della nostra morte.
(Javier Marías, Mentre le donne dormono, trad. di Valerio Nardoni, Einaudi, 2014, pp. 200, euro 14,50)