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“L’ultima riga delle favole”. Intervista a Massimo Gramellini
di Diego Rossi / 11 febbraio
L’ultima riga delle favole è un libro “chiaro”, cioè un libro che parla del bene. Il panorama editoriale contemporaneo sembra seguire indicazioni opposte, si lega con facilità alla spettacolarizzazione della negatività, lasciando poco o nulla alla sperimentazione e rinchiudendosi in vere e proprie “dittature di emozioni”. È comprensibile che un certo tipo di letteratura ruoti attorno all’effetto speciale, alle trame avventurose e avvincenti. Le parole diventano proiettili, la narrazione è incalzante, vibrante, assomiglia alla corsa su una fuoriserie. Il lettore subisce forti scariche di adrenalina, viene accerchiato da pregevoli intrighi di molte pagine. Fin dalle copertine seducenti questi libri tendono agguati, sono magnetici, ipnotizzano, riescono a regalare momenti di pura evasione, oppure si nutrono della violenza della cronaca raccapricciante che ogni giorno (purtroppo) si supera in nuove forme di angosciante drammaticità. È meno comprensibile che lo schema della letteratura moderna sia quasi esclusivamente votato alla logica del brand pubblicitario, troppe volte rischia anche il vero e proprio delitto della poesia, o almeno della poeticità. Non sempre però. Ne è un esempio la storia che propone Gramellini: “L’ultima riga delle favole” è un libro di successo, ma raro, proprio perché parla del bene. Si muove cioè su una prospettiva ancora più coraggiosa perché si inserisce in un contesto editoriale votato quasi esclusivamente alla commercializzazione della negatività.
Un uomo di mezza età, Tomàs, non crede più a nulla, è l’esempio del perfetto uomo moderno. Ha quasi dimenticato lo straordinario sogno di quando era bambino. Il piccolo Tomàs credeva infatti di essere venuto al mondo per un unico motivo: vagare alla ricerca della sua anima gemella. A ripensarci adesso la cosa gli irrita le narici. Appena si avvicina a una donna o, meglio, appena una debole sensazione di romanticismo fa breccia nel muro della sua indifferenza compare una insistente allergia, l’ultima difesa o l’ironica vendetta della disillusione. Tomàs, naufragando tra disavventure sentimentali, approda incredibilmente in un luogo di fantasia. Lotterà contro la rassegnazione alla solitudine per riuscire a far pace con se stesso, attraverso un viaggio magico al centro dell’anima. A un certo punto gli viene raccontata la storia di un bambino che mangiava libri a colazione…
“E narrò la favola di Acaro.
Acaro era un bambino affamato di vita. Ogni mattina a colazione mangiava due libri, uno salato e uno dolce. Il libro salato aveva la copertina scura e raccontava tutto il male del mondo. I suoi ingredienti erano le tragedie, i soprusi, la crudeltà. Il libro dolce, invece, aveva la copertina chiara e sapeva di miele. Parlava di sogni, di amore, delle antiche verità che l’uomo aveva dimenticato. Acaro cresceva sano e sereno. Ma una mattina non trovò più sulla tavola la razione quotidiana di pagine al miele. Per diventare adulto è dei libri scuri che hai bisogno, gli spiegarono i genitori, da oggi mangerai soltanto quelli. La nuova dieta fu anche una necessità, i libri chiari erano più difficili da trovare, perché erano più difficili da scrivere. Il bene non si lascia raccontare volentieri, se si esagera col miele provoca nausea.
Perciò Acaro incominciò a mangiare soltanto il male. Conobbe la cattiveria dell’uomo in ogni sua forma, divorò con rabbia la descrizione compiaciuta di ogni dolore. Ma dopo qualche tempo… […] L’umore era sempre basso, e rassegnati i pensieri. Non si fidava di nessuno, eppure da tutti veniva ingannato. Aver conosciuto l’ingiustizia nei risvolti più biechi gli aveva tolto la volontà di combatterla. Si rinchiuse in un bozzolo opaco di cinismo finché smise completamente di mangiare. […] Una mattina in cui rovistava in soffitta alla ricerca di qualche sapore che gli impressionasse il palato, vide brillare una copertina chiara. Apparteneva a uno dei suoi vecchi libri. Ricominciò a sgranocchiarlo e, frase dopo frase, il suo viso riprese colore. Fu così che Acaro imparò a digerire la vita. Perché i libri scuri ti insegnano ad affrontarla. Ma solo quelli chiari ti ricordano che è trasformabile dai sogni.”
La riflessione che suggerisce la lettura di un libro come questo si condensa tutta nella domanda… Qual è il libro migliore? Una domanda che conosce mille risposte diverse: il primo libro letto da piccoli, il più venduto, il più appassionato, quello che ha vinto più premi, il libro da cui è stato tratto un film di successo, il libro che è finito in biblioteca e che resterà lì per generazioni, il libro che può risvegliare in noi la voglia di credere nelle passioni e nei sogni. Certo è che dovremmo leggere, leggere tutto con piacere e interesse. Leggere libri scuri e libri chiari. Tomàs ci invita a correre, ma non solo per realizzare progetti concreti, dobbiamo saper correre fino all’ultima riga della favola che è custodita dietro la pagina della fantasia; è pesante questa pagina, ma trovare la forza di voltarla è fondamentale per avere l’occasione di partecipare pienamente alla vita.
Domande all’autore:
Torinese di nascita, Massimo Gramellini è giornalista e scrittore. Ha peregrinato a lungo tra Milano, Roma (Corriere dello Sport) e la Liguria, prima di ritornare a Torino e diventare uno dei vicedirettori e delle firme de La Stampa. Collabora da anni alla trasmissione Che tempo che fa di Fabio Fazio. Ha scritto diversi libri che trattano della società e della politica italiana e anche della sua squadra del cuore: il Torino. Nel 2010 ha pubblicato: “L'ultima riga delle favole, Milano, Longanesi.” , “La patria, bene o male (con Carlo Fruttero), Milano, Mondadori”. Attraverso alcune sue risposte brevi e taglienti, strappate ai suoi molti impegni, ecco l’occasione di conoscere il suo pensiero.
Massimo Gramellini scrive per…
…comunicare con gli altri.
Quali sono le “antiche verità” che la gioventù non dovrebbe dimenticare?
Che l’essere umano è fatto di sterco, ma anche di stelle.
Roma è stata attraversata da un’irragionevole violenza nei mesi scorsi, in tutta Europa abbiamo assistito a manifestazioni e scontri per le riforme sull’Università. Quale potrebbe essere un segnale forte da parte della politica per far ritrovare quella fiducia nel Paese che i giovani stanno perdendo?
I giovani chiedono esempi: quelli che gli adulti non sanno più dare.
Leggendo il libro, la mia ultima riga delle favole potrebbe essere: "La vera tragedia non è la cattiveria dei cattivi, ma la futilità delle buone intenzioni dei buoni."
Qual è per Massimo Gramellini scrittore la sua ultima riga delle favole?
I “se” sono la patente dei falliti. Nella vita si diventa grandi “nonostante”.
Se dovesse scegliere una parola scura e una chiara per descrivere il “fare giornalismo” oggi in Italia, quali sceglierebbe?
Parola chiara: PASSIONE. Parola scura: PAURA (quella che trasmettiamo ai lettori con certi articoli privi di speranza).
Per Massimo Gramellini qual è il libro migliore?
Quello che mi fa venire voglia di vivere.