Emily e le altre
di Maria Luisa Maricchiolo / 1 aprile 2011
Poesia: singolare, femminile. Abilmente declinata al plurale da Gabriella Sica in Emily e le altre, saggio critico edito da Cooper. La Emily del titolo è Emily Dickinson, protagonista del volumetto con cinquantasei delle sue poesie tradotte dall’autrice stessa; le altre sono Charlotte e Emily Brontë, Elizabeth Barret Browning, Margherita Guidacci, Elizabeth Bishop, Cristina Campo, Nadia Campana e Amelia Rosselli. E Silvia, Plath, cui non è stato dedicato un apposito capitolo ma che arricchisce il testo delle sue incursioni. Un filo bianco, come il colore/non colore preferito della Dickinson, una traccia di luce, percorre l’opera e funge da collante tra queste donne, artiste, diverse eppure indissolubilmente legate a Emily. Con sopraffine maestria la Sica orchestra l’io lirico delle otto poetesse con le vicende della loro vita privata. Sono donne che coniugano una devozione incondizionata alla poesia, vissuta quotidianamente e articolata da ciascuna secondo ritmi e tonalità differenti ma sempre in maniera autentica, a un sentire acuto e lacerante; donne che amano e soffrono, che si mettono in gioco e prima di tutto imparano a perdere. Gabriella Sica è una voce narrante appassionata e incandescente che catalizza l’attenzione di chi legge con la grazia e il garbo di una scrittura e traduzione forte e fragile allo stesso tempo. Come le autrici di cui ci racconta, anime nobili e disperatamente umane, generatrici di una poesia che respira ancora oggi. A dispetto dell’ambiente asfittico di tanta poesia contemporanea, le liriche di queste otto “viaggiatrici dell’immaginario”, che riscopriamo grazie alla Sica, procedono dal particolare al generale, pregne di un “senso cosmico infilato nel cestino della vita quotidiana”. Un libro vibrante, in definitiva, che ha la rara dote di parlare di poesia e di essere poesia.
Poco altro si può aggiungere, ad esempio, riguardo il capitolo dedicato a Elizabeth Bishop e alla sua arte, di perdere. Chi scrive preferisce fermarsi qui e consigliare il piacere disarmante della lettura, che meglio di qualsiasi altro commento restituisce il fascino della “verità obliqua”.
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