Il tutù

di / 17 aprile 2011

Del romanzo francese Il tutù è forse superfluo narrare la trama, fondato come esso è sul nonsense, l’inversione e il gusto del paradosso. Seguire con precisione gli avvenimenti che vedono il protagonista di questa bizzarra ed esilarante narrazione, Mauri de Noirof, vagare di qui e di lì, in preda a continue amnesie, intrighi e incontri circensi è del tutto superfluo, forse addirittura impossibile.

Ciò che importa del libro è l’acume del dialogo e il compiacimento ironico che permeano il testo tutto, dal suo inizio alla sua fine. Il lettore che immaginerà di trovarvi un facile intrattenimento sta però commettendo un errore di valutazione, definire questo romanzo leggero è infatti inesatto.

Il carattere extra ordinario di un simile lavoro letterario sta tutto nella sua amoralità. Come già accennato, la narrazione procede per buffe sequenze dal carattere teatrale, rese efficaci dall’incontro dell’incredibilità dell’accaduto (l’immagine) con la brillantezza dialogica (la didascalia).

Tutto sembra essere fondato sulla sovversione del moralismo borghese: il protagonista ama incestuosamente la madre e tradisce la moglie, la moglie a sua volta tradisce il marito, i personaggi laterali sono perlopiù divisibili in truffatori e truffati. Se non sapessimo che questo romanzo non è solo ambientato a Parigi alla fine dell’Ottocento, ma è stato presumibilmente scritto a Parigi alla fine dell’Ottocento, daremmo la sua contemporaneità compositiva per certa.

La questione è accattivante, poiché misteriosa, il che fa, in parte, la fortuna del libro. Il nome dell’autore, Regina Saffo, è infatti un fantasioso pseudonimo, come non è difficile intuire. Si racconta, (ma continuo a chiedermi da giorni: è davvero così? Sono la tipica lettrice ingenua che crede alle leggende inventate per tirare su i casi editoriali? Una approfondita ricerca non ha fatto che confondermi ulteriormente) che il romanzo fu scritto dall’editore Genonceaux alla fine dell’Ottocento, ma non pubblicato, per motivi di censura. In seguito al suo rinvenimento alla metà degli anni Sessanta avrebbe visto la pubblicazione cinquant’anni dopo, cioè adesso.

Che tutto ciò sia vero o meno, Il tutù regala momenti di ilarità purissima per certi suoi picchi comici di indubbia genialità, basti per tutti il carteggio secentesco  tra la duchessa di Orléans e l’elettrice di Sassonia, sul tema delle abitudini intestinali delle due dame. La prima delle missive esordisce così: Siete molto fortunata a poter cacare quando volete; perciò cacate più che potete. Per noi, qui, è diverso; io sono costretta a tenermi il mio stronzo fino a sera. Le case dalla parte della foresta sono sprovviste di stracci per pulirsi, e io ho la sventura di abitarne una; perciò ho anche il problema che, per cacare, devo uscire. La cosa mi manda in collera, perché a me piace cacare comoda, e non ci riesco se non posso appoggiare il culo su qualcosa.(…)Ai lamenti della contessa l’elettrice risponde con un brevissimo pamphlet sulle gioie della defecazione: Bisogna proprio non avere mai cacato in vita propria per non conoscere il piacere che si prova a cacare; perché possiamo dire che, fra tutte le necessità di cui la natura ci ha assoggettato, cacare è la più piacevole. (…) E via discorrendo per pagine.

Nonostante la discreta scurrilità del passo – tra l’altro per nulla rappresentativa del resto della narrazione – trovo che il breve saggio possa raccontare al lettore il gusto di un testo dissacrante e violento, nella sua fantasia sovversiva, volta allo smascheramento delle più basse pulsioni dell’individuo, all’ostentazione delle sue debolezze più imbarazzanti, sempre proposte però con una grazia linguistica e un garbo intellettuale che, banalmente, definirei “francesi”. Ognuno dei personaggi di questa saga dell’inverosimile accetta la condizione di monstrum che gli è propria, senza mezze misure, e la esibisce spontaneamente a noi che la sorbiamo con un sentimento di stupore, riso e poi, più in fondo, dubbio.

È in questo voluto straniamento che la lettura del romanzo si fa intensa. Non è un caso che la da poco inaugurata casa editrice romana Lantana abbia eletto, tra i vari pubblicati, proprio questo come libro d’esordio più significativo. Per la sua originalità e la sua audacia, principi ai quali speriamo la casa editrice si attenga sempre. Aspettiamo con curiosità il resto.

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