Conversazione con Paolo Calabrò
di Matteo Chiavarone / 31 maggio 2011
Intervistiamo Paolo Calabrò, amico di Flanerí e autore di “Le cose si toccano – Raimon Panikkar e le scienze moderne” (Diabasis, 2011).
Ciao Paolo, grazie dell’intervista. Ci puoi spiegare l’idea del libro?
Grazie a voi di Flanerì. Il libro nasce da un triplice intento. Primo, dal desiderio di approfondire la metafisica panikkariana, radicalmente nuova all’interno dell’orizzonte della filosofia occidentale, in particolare la sua recisa affermazione per la quale “la cosa in sé non esiste”. Secondo, dall’esigenza di individuare l’esistenza di una compatibilità tra la metafisica di Panikkar e le scienze moderne (in particolare la “nuova fisica”, la meccanica quantistica); compatibilità che Panikkar annuncia in tutte le sue opere, ma non illustra. Terzo, dal bisogno di mostrare le ripercussioni della cosiddetta “narrazione scientifica del mondo” sulla vita quotidiana dell’uomo moderno, che la riflessione di Panikkar aiuta a svelare in maniera adamantina.
Chi è e perché Raimon Panikkar?
Raimon Panikkar è un filosofo catalano scomparso l’anno scorso all’età di 92 anni, noto più per il suo impegno in ambito interculturale e interreligioso che per la sua speculazione metafisica ed epistemologica (nonostante si sia dedicato per ben 7 anni della sua vita a fare ricerca scientifica in laboratorio al fianco del Premio Nobel Hideki Yukawa). La prospettiva ontologica di Panikkar è molto diversa da quelle tradizionali, tipicamente divise tra monismi e dualismi di vario genere. Il suo cosmoteandrismo permette a mio avviso una nuova interpretazione filosofica dell’essenza delle cose, e un accordo fra il sapere filosofico e quello scientifico altrimenti inimmaginabile. Ma, a ben vedere, prima di tutto questo la filosofia di Panikkar la si sceglie perché è bellissima, ricca, vivace, affascinante. Sono un po’ di parte.
“Le cose si toccano e non esistono cesure”. Ci puoi spiegare questo gioco di relazioni?
Siamo abituati a concepire tutto ciò che ci circonda à la Leibniz, come un insieme di cose isolate che nulla hanno a che fare l’una con l’altra: la nostra metafisica è individualistica, la nostra economia è individualistica, la nostra politica è individualistica. La nostra è la società delle cesure: dove si ergono muri tra gli Stati (ma anche nelle nostre città, come a Padova), dove da una parte stanno gli esclusi e dall’altra quelli che partecipano al banchetto della produzione perché “si sono saputi vendere” (che stringi stringi è il motto della prostituzione), dove la propria clausura di fatto viene sancita di diritto dalla legge (chiamasi: “privacy”). Ogni cosa sussiste di per sé ed entra occasionalmente in contatto con altre cose, da cui si distacca – dopo averne tratto il proprio utile – per tornare a rinchiudersi. Questa visione della realtà, secondo Panikkar, è non solo desolante, ma sbagliata, cioè insostenibile su di un piano filosofico rigoroso (il libro è in gran parte dedicato alla giustificazione di questa affermazione). Ogni cosa è in relazione con ogni altra; nessuna azione cade nel vuoto; tutto ciò che nasce non nasce “sottovuoto”, per così dire, ma “viene al mondo” (cioè all’interno di una trama di relazioni che gli preesistono e lo accolgono). Non vi sono eccezioni a questa regola. Nessuna cosa è un’isola, tutto è in relazione con tutto. Le cose si toccano.
A chi è rivolto il libro?
A coloro cui interessa approfondire il pensiero di Panikkar, soprattutto nei suoi risvolti epistemologici, ma non di meno ai cultori della filosofia della scienza. Mi piacerebbe poi pensare che il libro possa venir letto con piacere da professori, ricercatori universali, uomini di scienza cui interessa riflettere sui fondamenti filosofici della loro disciplina. Magari quel che ho appena detto suona un po’ pretenzioso, ma meno di quello che segue: perché credo che questo libro – soprattutto in quanto affronta l’analisi della deformazione che un certo modo di intendere la scienza introduce nel pensiero e nel linguaggio comune – possa rivolgersi veramente a tutti. Almeno a tutti coloro che, indipendentemente da interessi specifici, trovano curioso e irritante il fatto che si concepisca l’essere umano come una macchina che non mangia cibi, ma assume sostanze nutritive; la vita umana non come un mistero e una meraviglia, ma come un progetto da realizzare; la terra non come una madre e un ambiente familiare, ma come una nemica e come un fondo da depredare (se possibile in maniera sostenibile). Non è una questione morale. La questione sta nel rivendicare – razionalmente, cioè filosoficamente – la possibilità e la legittimità di una visione delle cose diversa. Oggi tutto quel che non è scientificamente misurabile (l’amore, la bellezza , i sentimenti) o non è nulla, o è affare privato, o è un residuo ingenuo o superstizioso d’altre epoche. Questo libro si rivolge a chi ha spregio di quest’arroganza e desidera un dialogo paritario e reciprocamente fruttuoso fra i diversi saperi che l’umanità ha elaborato fino ad oggi.
Quali testi ci consigli per approfondire ancora di più la materia?
Tre testi irrinunciabili di Panikkar: Mito, fede ed ermeneutica (Jaca Book, 2000); La porta stretta della conoscenza (RCS, 2005); Reinventare la politica (l’Altrapagina, 1995). E tre testi di altrettanti fisici: D.Z. Albert, Meccanica quantistica e senso comune (Adelphi, 2000); W. Heisenberg, Fisica e filosofia (Il Saggiatore, 2003); M. Planck, La conoscenza del mondo fisico (Bollati Boringhieri, 1993). Si tratta di una scelta, ovviamente, e di un punto di partenza.
Al volume seguiranno incontri o convegni?
Il libro, uscito alla fine del mese di aprile, è stato presentato a Caserta presso la Libreria Feltrinelli lo scorso 14 maggio. Spero di riuscire a portare il libro “in tournée” in tutta Italia. Il calendario degli eventi e tutte le novità relative al libro saranno riportate nel blog “Le cose si toccano” (http://lecosesitoccano.blogspot.com/), interamente dedicato al libro.
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