È intelligente ma non si applica
di Paolo Calabr / 8 luglio 2011
Ai genitori piace sentirsi dire dai professori che il proprio ragazzo “è intelligente, ma non si applica”. In un certo senso, li tranquillizza: vuol dire che il figlio non è stupido, magari solo un po’ discolo. E, d’altro canto, è abbastanza intelligente, appunto, e fuori dagli schemi, da non essere un “secchione”. D’altro canto ai docenti torna tanto comodo pronunciare quella frase: li toglie dall’imbarazzo di dire brutalmente ai genitori che il figlio di studiare proprio non vuole saperne; in più, non mette in discussione né il proprio operato di insegnante né quello di educatore di chi gli sta davanti.
A ben vedere, questo escamotage utilizzato dai docenti nel corso dei colloqui con le famiglie, pur utile sul piano comunicativo (per rompere il ghiaccio di fronte a risultati manifestamente deludenti), non lo è affatto sul piano operativo: perché in tal modo i genitori vengono privati della possibilità di approfondire le reali cause dello scarso rendimento del figlio, ma soprattutto il docente si priva a sua volta del contributo all’istruzione del discente che la famiglia potrebbe apportare a supporto del lavoro scolastico.
Il libro di Vittoria Cesari Lusso dal titolo È intelligente ma non si applica. Come gestire i colloqui scuola-famiglia (ed. Erickson, 2010), mette l’accento proprio sull’importanza dell’interazione fra scuola e famiglia all’interno delle dinamiche dell’istruzione: «numerose ricerche confermano che una buona collaborazione tra genitori e scuola è un fattore importante del successo scolastico dei bambini. Tanto più la comunicazione tra genitori e insegnanti è interattiva e partecipativa, tanto migliori potranno essere l’impegno e il relativo rendimento degli allievi».
Lo studio nasce da un progetto di revisione delle modalità di comunicazione della valutazione ai genitori nel settore primario della scuola del Cantone Ticino, e riporta la testimonianza di tuti gli operatori protagonisti della scena scolastica. Con l’obiettivo di favorire, nella scuola, la crescita della cultura della comunicazione.
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