Giulia 1300 e altri miracoli
di Chiara Gulino / 28 settembre 2011
Non si può essere sempre passivi nella vita. Arriva un momento in cui il nostro io più profondo e ribelle ha uno scatto di orgoglio e decide di scrollarsi da quel torpore ottundente che rende le nostre esistenze piatte e mediocri e che ci costringe con rassegnazione a ingoiare tanti bocconi amari e a seppellire i sogni. È ciò che pensa Diego, protagonista e voce narrante del sorprendente romanzo d’esordio del pubblicitario romano Fabio Bartolomei, Giulia 1300 e altri miracoli (Edizioni e/o, pp. 288, Euro 17,00).
Diego è un quarantenne insoddisfatto della propria vita sentimentale e del suo lavoro, che odia. Vende SUV in una concessionaria e la sua più grande dote è quella di raccontare balle. È così che convince i clienti. Apatico, evita qualsiasi compromissione e vota i “Verdi”, «perché nessuno sa di cosa discutere con un verde». Dopo la morte del padre, al quale si avvicina solo negli ultimi istanti di vita, si rende conto che fino ad allora ha assistito «…allo scorrere della mia vita come se tutto sommato non ne fossi coinvolto».
Con un formidabile e inaspettato atto di volontà, decide che è ora di cambiare. Lascia il lavoro e capisce che è arrivato il momento di mettere in pratica il piano B, il piano di scorta di tutta una generazione di italiani che consiste nell’aprire un agriturismo: «Lavorare in questo paese fa così schifo che, anche se fai il miracolo di raggiungere la posizione per cui hai studiato, dopo due anni ne hai le palle piene e inizi a elaborare il tuo piano B. Quasi sempre si tratta di un agriturismo, questo quando allo schifo per il lavoro si aggiunge lo schifo per la città». L’occasione è quella di un «un casale ristrutturato, tre livelli, due ettari di terra, splendidamente immerso nella campagna» a un prezzo vantaggiosissimo, come promette l’annuncio, situato in Campania, vicino al confine con il Lazio. Quando va a vederlo si imbatte in altri due potenziali acquirenti, Fausto, palestrato venditore in TV di orologi fasulli, e Claudio, paranoico e pieno di fobie proprietario di un supermercato andato in rovina insieme al suo matrimonio. Ben presto i tre scoprono dall’agente immobiliare la fregatura che si cela dietro il ghiotto affare: il casale costa circa il triplo del prezzo “erroneamente” scritto sull’annuncio. Delusi e arrabbiati, i tre perfetti sconosciuti, ma che in comune hanno fallimenti e mediocrità, decidono di diventare soci e imbarcarsi in questa folle impresa: «Il segnale è arrivato e ho deciso di non ignorarlo. Forse un giorno ripenserò alla mia vita e ricorderò con angoscia la volta in cui le ginocchia mi hanno detto di mettermi in società con un cafone e uno sfigato visti una volta sola».
Al trio, che comincia i lavori di ristrutturazione dell’edificio tra litigate e gag comiche, si unisce Sergio, il regista delle televendite di Fausto, un tipo dal carattere rude e dagli utopici ideali comunisti.
A innescare il processo di maturazione e di trasformazione di questa combriccola di disperati in piccoli eroi popolari di un Dio minore è l’arrivo di un vecchio della zona, «un po’ Merola un po’ Manero», a bordo di una Alfa Romeo Giulia 1300 verde scuro, la macchina in dotazione alla polizia di stato negli anni ‘60/‘70, dalla cui radio promanano piacevoli note di musica classica. Non è un cliente, bensì un camorrista venuto a chiedere il pizzo in cambio di protezione, personaggio teatrale e pittoresco dalla caratteristica parlata dialettale. La reazione di questi quarantenni falliti di fronte al sopruso è però imprevedibile e sarà il fatto che scatenerà una serie di eventi a catena che porteranno l’agriturismo con l’aiuto di tre ghanesi e una giovane e affascinante cuoca e massaggiatrice a trasformarsi in una sorta di «avamposto multietnico, anarchico e partigiano» e, grazie alla Giulia 1300, in un luogo di culto.
Bartolomei ha creato un ingranaggio narrativo ben oliato che non fa registrare mai passaggi a vuoto, mantenendo costanti ritmo e attenzione del lettore e alternando momenti di ilarità seguendo le avventure di Diego e soci (buone già per una sceneggiatura), a momenti di riflessione su temi attuali come quello dello strapotere della camorra, delle discariche abusive e dello sfruttamento degli immigrati. Un gesto insensato quanto inverosimile, il sequestro di un camorrista, è la premessa di una folle resistenza partigiana alla malavita organizzata. Una resistenza sui generis che si avvale degli stessi strumenti che annichiliscono le nostre esistenze come il gioco del “Gratta&Vinci” e i reality show per annientare gli altri tre camorristi che finiranno prigionieri degli insospettabili sequestratori.
Con una prosa agile e scorrevole, Bartolomei rappresenta un mondo complesso, irretito in condizionamenti ambientali radicati dalla tradizione malavitosa la cui filosofia emerge ad arte dalle espressioni dialettali dei camorristi.
Divertente anche se a volte inverosimile, questa storia lascia comunque sperare che coraggio e voglia di riscatto possano fare davvero “miracoli”.
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