“Le nevi del Kilimangiaro” di Robert Guediguian
di Martina Calcabrini / 15 dicembre 2011
È impossibile rimanere indifferenti alle conseguenze catastrofiche della globale crisi finanziaria che si abbatte, imperterrita, su ogni società del mondo. Sebbene lo sguardo registico possa parlarne con toni e umori differenti, passando dall’autocompiacimento ironico come il recente Tower Heist al dramma comico di Tutta la vita davanti, non mancano mai ammiccamenti più o meno palesi alla situazione attuale. Robert Guediguian, regista francese sensibile a questa problematica, realizza Le nevi del Kilimangiaro, una pellicola drammatica, sofferta e commovente che, utilizzando uno sguardo realistico, racconta una comune storia di vita.
Michel è un lavoratore onesto, attivo nel sindacato da oltre 35 anni. A causa della forte crisi finanziaria, l’azienda deve licenziare venti dipendenti estratti a sorte. Tra gli sfortunati c’è anche lo stesso Michel, che, allora, si concede anima e corpo ai suoi nipoti. Mentre la sua vita procede tranquilla, due rapinatori armati irrompono nella sua casa: lo picchiano, lo derubano e lo lasciano legato ad una sedia per tutta la notte. Sotto shock e con un braccio fratturato, Michel scoprirà che l’autore della rapina è Christophe, uno dei 19 colleghi che, insieme a lui, hanno perso il lavoro. Il ragazzo, un 22enne con tre mesi di affitto da pagare e due fratellini da mantenere, è costretto a rubare per sopravvivere. Michel denuncia il ragazzo, lo fa rinchiudere in prigione ma poi, davanti alla sofferenza dei due bambini, si pente…
Intenso, toccante, coinvolgente, Le nevi del Kilimangiaro è una pellicola che non lascia indifferenti. Il confine tra vittima e carnefice, infatti, è talmente labile che, spesso, lo spettatore si ritrova a dubitare chi sia l’uno e chi sia l’altro. La crisi, difatti, si abbatte violenta sui ricchi e sui poveri, ma mentre i primi hanno una casa in cui vivere e cibo raffinato da mangiare, i secondi sono costretti a trovare il modo per sopravvivere, qualunque esso sia. L’evidente impossibilità di provvedere a due fratelli più piccoli, di diventare uomo avendo appena sfiorato i 20 anni, di trovare un lavoro in un mercato ormai saturo è rappresentata dalla struggente figura di Christophe, nella sua irritante caparbietà e nelle sue strenue convinzioni da giovane ancora speranzoso in un futuro migliore. Le musiche sono coinvolgenti, la fotografia è realistica, le scenografie sono naturali, la storia è quella di un ragazzo, del XX secolo, sull’orlo della disperazione. Un applauso dunque a Robert Guediguian, artista capace di emozionare con un semplice racconto di vita, seppure ispirato a quello del noto Victor Hugo.
Fonte: http://www.taxidrivers.it
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