“R.E.M. 1979-2009” di Milena Ferrante
di Alessio Belli / 23 dicembre 2011
Il 21 settembre di quest’anno i R.E.M., decidendo di sciogliersi, hanno chiuso il loro ultimo capitolo. E così, qualora si volessero scoprire o magari approfondire i precedenti passaggi della loro vita e della loro folgorante carriera, non resta altro da fare che leggere R.E.M. 1979-2009 di Milena Ferrante, edito dalla casa editrice Giunti per la ricca e notevole collana Bizarre.
Occuparsi e scrivere della band americana non è certo qualcosa di facile e scontato: primo, per la densità dei fatti avvenuti nel trentennio biografico preso in esame ed esemplificato già dal titolo; secondo, per l’importanza e l’influenza che i quattro rocker georgiani hanno sul contesto rock contemporaneo. Il libro della Ferrante prende atto di tutto questo e lo fa con delle scelte molto felici, accompagnando la storia del gruppo e dei loro dischi con una cronologia dettagliata posta a bordo pagina, arricchendo il volume con delle schede monografiche d’approfondimento e una specifica discografia selezionata, per non parlare degli interessanti focus tematici posti alla fine di ogni capitolo. Il tutto condito con una bellissima sfilata di immagini e illustrazioni.
Alla luce di queste scelte, si può così godere a pieno delle vicende del gruppo che viene giustamente definito dall’autrice come «l’anello che congiunge il rock indipendente più intransigente e lo sfavillante universo dei campioni delle classifiche». Partendo dal lontano ottobre 1979, l’anno dell’ormai primo ed epico concerto della band tenutosi alla St Mary’s Episcopal Curch, al 394 di Oconee Street ad Athens, iniziamo a conoscere le gesta di Michael Stipe, Peter Buck, Mike Mills e Bill Berry, le sfaccettature della loro personalità e l’originalità del loro stile. Fin da subito colpisce l’integrità con cui i giovanissimi musicisti affrontano i palchi e le difficoltà della gavetta, sempre pronti a difendere con intransigenza la propria musica e le proprie scelte, divenendo in pochissimi anni i veri paladini del rock indipendente. Si arriva così all’esordio fragoroso di Murmur, disco dell’anno secondo Rolling Stone, che quasi per assurdo consacra fin dall’inizio i R.E.M. come portavoce e rappresentanti massimi di uno stile – l’underground – che allora faceva parecchia fatica a ritagliarsi spazio nel panorama musicale mondiale, oscurato dai futili lustrini delle tante band pop celebri ed emblematiche di quel periodo. Fatto sta che album dopo album, i ragazzi di Athens infilano una perla dopo l’altra, mettendo in pratica alla perfezione la lezione strutturale dei Velvet Underground, innestandola sulla chitarra dei Byrds e sull’eco dei Beach Boys: al resto poi, ci pensano loro, regalando degli attimi di emotività senza paragoni come Perfect circle.
Cavalcati gli anni ottanta fino alla consacrazione post-Document come «più grande rock and roll band americana», il biennio ‘90-‘92 ci propone quelli che sono giustamente definiti dalla scrittrice «I cancelli del paradiso». Solo con questo titolo si possono raccontare i fasti seguiti a due album assoluti come Out of time e Automatic fot the people, la cui genesi, come per i precedenti, viene descritta minuziosamente sia dal punto di vista compositivo, che dal lato emotivo e vitale con cui i membri del gruppo hanno affrontato le loro New adventuries in hi-fi. Arriviamo così al triennio 1998-2001, nel quale, nonostante il ritiro del batterista Bill Berry, i superstiti continuano la loro avventura. Accelerate è il modo migliore per chiudere il libro; un disco potente capace di riportate la band sulla cresta dell’onda dopo il mezzo fiasco di Around the sun, facendola anche conoscere alle leve di ascoltatori più giovani.
E nel libro c’è una frase, tra le primissime pagine, che soprattutto alla luce dello scioglimento della rock band, può essere considerata la loro summa. L’ha scritta il chitarrista Peter Buck, nel 1984, come monito a non vendersi mai l’anima per il business: «Se i R.E.M. riescono a cambiare la vita di chi li ascolta oggi, come fu cambiata la mia dal rock, non avremo vissuto invano».
Possiamo rassicurare la chitarra dei R.E.M.: infinite file di fan stanno a testimoniare che grazie alla musica prodotta non hanno vissuto in vano.
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