“Servo e padrone” di Massimo Roberto Beato
di Giovanni Gaf / 11 febbraio 2012
Quando si entra nel Teatro Stanze Segrete, in questi giorni, ci si trova a calpestare il parquet del raffinato salotto di un giovane gentiluomo inglese, Tony, futuro avvocato appena tornato a vivere nella brumosa Londra degli anni ’60. In un angolo, un pianoforte, al quale già siede il musicista che ci accompagnerà per tutta la serata. Alle pareti, i grandi specchi non si limitano a moltiplicare lo spazio: ne rivelano ogni angolo, come faranno con i personaggi del dramma. Lo sguardo si arrampica lungo una scala, raggiunge il piano di sopra, la zona notte: la camera da letto è velata da un drappeggio troppo leggero, troppo impudico per celare ciò che vi si consumerà. Muoviamo solo pochi passi ancora e abbiamo già raggiunto i posti a sedere: siamo appena oltre la quarta parete, veri e propri ospiti invisibili negli appartamenti di questo borghese un po’ bohémien. Lo spettacolo non è ancora iniziato, ma già il regista, Jacopo Bezzi, è riuscito a farci sentire piacevolmente, colpevolmente, peccaminosamente indiscreti. Sensazioni che cresceranno senza posa nei novanta rapidissimi minuti che ci attendono.
Servo e padrone, scritto da Massimo Roberto Beato, si ispira liberamente allo stesso romanzo di Robin Maugham da cui Harlod Pinter ha tratto la sceneggiatura per Il servo, del regista Losey, film cui il drammaturgo non nega qualche apprezzabile omaggio pur tracciando un percorso del tutto autonomo. Tony intrattiene una relazione con Sally, una borghese ricca e sofisticata che da lui in fondo vorrebbe solo un po’ più di maturità e un impegno sentimentale: un matrimonio insomma. Tony, però, non ci pensa nemmeno a sposarsi, e tanto meno a imparare a occuparsi di sé stesso. Per governare la casa a una moglie preferisce un maggiordomo, e finisce così per assumere Barrett: il domestico perfetto, in apparenza, se solo si riuscisse a decifrare quel che di vagamente equivoco affiora in ogni suo sguardo. Quando questi lo prega di prendere a servizio anche la sorella in qualità di cameriera, il gentiluomo non esita ad accogliere in casa Vera, una ragazza tanto timida quanto incontrollabilmente, e forse programmaticamente, provocante. Inutile dire che senza rendersene conto Tony, Faust decadente e ridotto a perpetua adolescenza, ha stretto un patto col diavolo.
Non c’è momento dello spettacolo di Bezzi in cui non si avverta la sferzante tensione generata dal gioco di potere fra i quattro personaggi, che sia gioco mentale, emotivo o erotico: non a caso è proprio in un gioco che si risolverà la scena finale. Ciascuno dei protagonisti, in fondo, capisce con chiarezza la natura del meccanismo che lo sbriciolerà: ma dal potere, una volta che lo si sia lasciato entrare in casa, non è possibile affrancarsi per nessuno; non vi è innocenza, intelligenza o amore che gli resista; lo si può usare o subire, ma l’unico modo per sottrarsi a questa dialettica è fuggire, ed è ben magra salvezza. Barrett è come un vizio, una dipendenza che crediamo di tenere agevolmente sotto controllo, finché non scopriamo con stupore che da un momento all’altro le parti si sono irrimediabilmente invertite.
Ben riuscita la scelta del cast: Giacomo Rabbi sembra nato per vestire i panni del gentleman galante ma fragile; Monica Belardinelli conferisce a Sally una grazia degna di Jacqueline Kennedy; Nicoletta La Terra riesce a rendere unitaria la notevole varietà di registri emotivi che Vera attraversa; quanto a Beato, nessuno meglio del suo creatore avrebbe potuto interpretare le brucianti ambiguità di Barrett.
Il teatro che lo ospita tiene davvero fede al suo nome, con questo spettacolo: il consiglio è di prenotare i posti per tempo, per non rischiare di rimanere fuori da queste “stanze segrete”.
Servo e padrone
di Massimo Roberto Beato
regia di Jacopo Bezzi
con Giacomo Rabbi, Massimo Roberto Beato, Nicoletta La Terra e Monica Belardinelli
Roma, Teatro Stanze Segrete fino al 19 febbraio
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