“La ballata di Mila” di Matteo Strukul
di Chiara Gulino / 17 febbraio 2012
Mettete insieme scene dal taglio cinematografico e dal ritmo incalzante e adrenalinico degne del miglior action movie. Shakerate il tutto con situazioni, dialoghi e onomatopee («Chunk», «Bang», «Zock», «Crack», «Mmmpf», «Ungh», etc.) che ricordano fumetti alla Tex Willer. Versate il tutto in un bicchiere dalla forma sinuosa come il corpo di una ragazza che ha le fattezze di una bomba sexy e l’abilità di una valchiria spietata alla Beatrix Kiddo di Quentin Tarantino o alla Nikita di Luc Besson o, perché no, alla Clorinda di Torquato Tasso o alla Lisbeth Salander di Stieg Larsson.
Questi gli ingredienti de La ballata di Mila, romanzo d’esordio di Matteo Strukul che inaugura Sabot/age, la nuova collana a numerus clausus delle Edizioni e/o, curata da Massimo Carlotto e diretta da Colomba Rossi. La collana raccoglie romanzi di vario genere (noir, pulp, commedia, western, thriller, post-apocalittico, etc.) accomunati dallo stesso peculiare anelito di denuncia di ciò che non viene detto e raccontato dai media, e di rottura di quella cortina di omertà che occulta tante storie italiane scottanti, «storie che il nostro Paese non ha più il coraggio di raccontare» (dal sito della casa editrice). Il nome della collana si presta a una doppia lettura: «“sabotaggio” ed “Era del sabot”, lo zoccolo di legno che, ai tempi della rivoluzione industriale, veniva lanciato dagli operai negli ingranaggi delle macchine quando erano esausti».
Matteo Strukul ci serve un Lagavulin, un whisky che «ti scalda le budella come l’inferno» con la sua ballata sanguinaria. Un romanzo pulp-noir, anzi Sugarpulp, dal nome del movimento culturale e letterario fondato nel 2009 dallo scrittore patavino insieme a Matteo Righetto: «Sugarpulp affonda le proprie radici nella natura fiera e selvaggia del Nordest, una terra epica, per certi aspetti ancora legata alle tradizioni arcaiche, e che tuttavia ha saputo assecondare i processi di una modernizzazione necessaria ma anche impietosamente perseguita. Sugarpulp è la polpa narrativa, adulterata con lo zucchero di barbabietola, con una gradazione saccarometrica crescente che rende lo scrivere alcolico, più tossico, più anfetaminico. Sugarpulp è narrazione a duecento all’ora, è scrittura montata in modo ipercinetico, è dialogo-azione-dialogo-azione, è un modo di scrivere che mescola il linguaggio cinematografico della sceneggiatura con i profumi di sangue e zucchero della Bassa, dei campi di mais, delle case coloniche, le osterie, i colli, gli ippodromi, il mito della Romea e del Delta» (così dal Manifesto Sugarpulp). Sugarpulp è diventato un vero e proprio genere letterario, con tanto di festival volti a celebrarlo, riconosciuto da autori del calibro di Joe R. Lansdale, Victor Gischler, Massimo Carlotto e Tim Willocks, un genere che unisce azione e dialogo, addolciti dal pulp dello zucchero di barbabietola prodotto a Pontelongo o altre località limitrofe. Letteratura e territorio. Tradizione americana narrativa e cinematografica ed epica del territorio.
Ecco allora che ne La ballata di Mila il Veneto e in particolare Padova e dintorni vengono dipinti come un territorio dominato capillarmente dalla criminalità organizzata, che si è fatta globale, dissimulata dietro ad attività commerciali apparentemente legali grazie a un falso perbenismo e moralismo di facciata. Si tratta di un argomento di bruciante attualità come sta a sottolineare l’esergo che riporta la notizia, apparsa su Il Mattino di Padova il 19 ottobre 2010, dell’allarme lanciato dal giudice Mastelloni sull’infiltrazione della mafia cinese nel Veneto.
Strukul mette al centro della narrazione la faida scoppiata fra la cosca locale del boss Rossano Pagnan e gli affiliati dei Pugnali Parlanti, una potente Triade cinese, la 14 K, capeggiata da Guo Xiaoping, che a poco a poco ha creato un impero economico fondato sul riciclaggio del denaro sporco derivante dallo spaccio dell’eroina Uoglobe, il traffico di esseri umani immigrati attraverso il ricatto del permesso di soggiorno e la concorrenza sleale: «[…] aveva spogliato il Veneto non solo delle sue aziende, che chiudevano una dopo l’altra al ritmo di duecento all’anno, ma anche della sua cultura artigianale: le scuole venete di taglio, cucito e modellistica stavano cominciando a scomparire, comprese quelle che rappresentavano un vero e proprio patrimonio di sapere. Eccola, la globalizzazione in salsa cinese. E questi idioti di italiani non se n’erano manco accorti».
Grazie dunque alla mancata integrazione e all’ignoranza la criminalità straniera si è espansa e radicata nel territorio.
A sconvolgere la scena e a travolgere tutto e tutti, come un uragano che spezza alberi e scoperchia tetti (solo che lei spezza ossa e spella vive persone!), arriva Mila Zago, orditrice di un doppio gioco che ricorda quello orchestrato da Joe nel famoso film Per un pugno di dollari di Sergio Leone.
Mila, da vittima, è diventata la Nemesi che si abbatte su quegli stessi uomini che l’hanno trasformata in quello che è ora, una killer professionista, e che forse non sarebbe mai voluta diventare: «Cosa devi pensare quando succede che tua madre non ti vuole, che tuo padre viene ucciso, che tu vieni stuprata e che il mandante dell’omicidio se ne sta libero e fresco a pianificare il prossimo progetto criminale? Per questo ho deciso di diventare quello che sono. Per questo il mio unico scopo è punire Pagnan».
Oltre a sviluppare un fisico perfetto grazie ad allenamenti massacranti e all’educazione marziale impartitale dal nonno sull’Altopiano dei Setti Comuni, Mila forgia il suo carattere diventando una fredda calcolatrice implacabile. Però è bellissima (in questo l’autore cede al cliché americano): «Uno schianto: statura media, dreadlock rossi, occhi verdi, inguainata dentro un paio di pantaloni di pelle e una giacca strettissima fatti apposta per esaltare le curve. Bella da mozzare il fiato».
È un personaggio dirompente in una cultura eminentemente maschilista come la nostra, destabilizzante e inedito nel panorama della narrativa italiana popolata da figure femminili gregarie e remissive. È una ragazza piena di contraddizioni, che emergono soprattutto nelle sue pagine di diario, destinato alla procuratrice di Padova Chiara Berton, e che hanno la funzione di svelarne il lato più intimo e fragile. Ha tanta rabbia introiettata, Mila. Ma è dotata anche di un’ironia e un sarcasmo abrasivi. A volte sembra quasi divertirsi a prendere in giro i malavitosi sfidandoli in duelli impari dall’esito scontato. E state pur certi che il sangue versato non sarà il suo (salvo spararsi da sola su una gamba per non partire avvantaggiata…). Infatti, Mila sa maneggiare armi di qualsiasi tipo con straordinaria precisione, dalla Colt.45 alla Desert Eagle.50 passando per la Beretta e la katana, la spada giapponese. Conosce ogni mossa del kung-fu. È determinata e con un profondo senso dell’onore. Non crede più nel sistema giudiziario italiano. Per lei conta solo una legge, quella arcaica del taglione: occhio per occhio, dente per dente. Mila è un’eroina né buona né cattiva, sebbene il farsi giustizia da sé resti pur sempre un reato. Preda di un destino ineluttabile è e sarà una bounty hunter temibile. Ma non si può non tifare per lei.
In questo romanzo, che sovente cede allo splatter, la violenza viene rappresentata in modo estremo e iperrealistico con una escalation di spettacolari e crude efferatezze che potrebbero far storcere il naso a lettori e critici facilmente impressionabili o non frequentatori del genere. Strukul ha creato, con uno stile allenato dalle letture di Rodari, Calvino e Salgari, una storia emozionante che si presta al crossover. Sta per uscire infatti il fumetto di Mila disegnato da Alessandro Vitti, già illustratore per Marvel e Bonelli. Il finale aperto promette poi un seguito. L’ambientazione? Neanche a dirlo, sarà quell’amato Veneto, dall’Altopiano dei Sette Comuni alla Bassa e al delta del Po, con i suoi zuccherifici, sfasciacarrozze, ippodromi e partite di hockey sul ghiaccio. Aspettiamo fiduciosi.
(Matteo Strukul, La ballata di Mila, Edizioni e/o, 2011, pp. 224, euro 17)
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