“Tre volte all’alba” di Alessandro Baricco
di Antonella Finucci / 6 aprile 2012
Tellurico.
Questo libro ti smuove dentro, ti scuote e ti scava nel profondo.
Ti cava fuori l’emozione unica, esclusiva, che senti quella volta leggendo quelle pagine e che poi non senti più.
Tellurico, dunque. E giallo, come un vestitino fresco dell’estate, come le buone idee, come le consapevolezze (quelle belle, quelle che ti fanno felice).
Sono di parte, lo dico subito che adoro Baricco, ma questo è un libro geniale, che merita davvero di essere letto e apprezzato.
Tre volte all’alba si compone di tre racconti brevi, apparentemente indipendenti ma legati l’uno all’altro da un meccanismo bellissimo, che li fa sfiorare in alcuni punti dando vita a un filo invisibile, eppure così evidente, che li lega. Li lega così forte da farli diventare, alla fine, una storia sola.
Nei tre racconti, infatti, i due protagonisti sono sempre gli stessi ma, per sfasature temporali, si incontrano in differenti età della loro vita e ogni volta sarà l’unica, la prima e l’ultima.Prima adulti, poi rispettivamente ringiovaniti e invecchiati, i due sovvertono le strutture temporali, sconvolgendone la linearità. E si incontrano quasi a volerla ricomporre, a cercare un senso forse, o per scombinarla ancora di più, perché forse un senso vero non c’è. Si incontrano sempre nella hall di un albergo. E si incontrano sempre all’alba, in quella luce a metà tra giorno e notte che è promessa di rinascita, che fa esistere un «tempo anomalo» a metà tra realtà e fantasia. Un tempo che diventa assolutamente reale se è abitato da qualcuno, se si racconta la storia che ci vive dentro.
Queste due persone hanno un passato difficile, quantomeno non comune, e in ognuno dei racconti si trovano a dover prendere delle decisioni, devono provare a ricominciare: «Si ricomincia da capo per cambiare tavolo. Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo riusciti a fare se solo ci sedevamo a un altro tavolo da gioco. Cambiare le carte è impossibile, non resta che cambiare il tavolo da gioco».
È questo il nucleo dei racconti: avere il coraggio di cambiare per “ritrovarsi”.
Baricco sviluppa il desiderio di cambiamento già visibile nel suo romanzo precedente, Mr Gwyn, di cui quest’ultimo libro è un «lieve e lontano sequel», come dice lo stesso autore, e lo fa nel suo stile inconfondibile che cura il dettaglio e la musicalità della storia, con la sua lingua sempre attenta alla scelta di ogni singola parola. L’autore riesce a gestisce le tre storie con un’abilità davvero non comune, evidenziando la misteriosa permanenza dell’amore che resiste di fronte alle scelte dell’età e delle stagioni.
I libri di Baricco li devi leggere, non si possono raccontare, non ci si può nemmeno provare e io forse ho detto fin troppo, anche perché la lettura di Baricco ogni volta è l’unica, la prima e l’ultima.
(Alessandro Baricco, Tre volte all’alba, Feltrinelli, 2012, pp. 96, euro 10)
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