“Caproni!” di Andrea Renzi e Federico Odling
di Luca Errichiello / 7 novembre 2012
«Buttate pure via / ogni opera in versi o in prosa. / Nessuno è mai riuscito a dire / cos’è, nella sua essenza, una rosa».
La bestia feroce che si aggira tra le parole di Giorgio Caproni, il male assoluto, è forse l’altro lato della realtà, quello indomabile, incolmabile, che continua a sfuggire a un anonimo cacciatore in un bosco/selva di segni. Si tratta dell’insieme di sensi che la parola rosa non riesce a decomprimere quando viene pronunciata. È in quella compressione feroce che forse risiede la “Feroce Bestia” protagonista del poemetto dello scrittore genovese, Il Conte di Kevenhuller. Perché è la bestia sconfinante, perturbante, ma anche corporale, viscerale, pure nel suo non lasciarsi incontrare. La bestia deve dunque tracimare dalla carta e insinuarsi nella musica, nel teatro, nella poesia, che squarciano il pallido velo omogeneo inciso dall’inchiostro per approdare a ciò che dietro si nasconde. Recitare Caproni, cantare Caproni, suonare Caproni, dunque. È esattamente ciò che si propongono Andrea Renzi e Federico Odling. Così come Caproni frantuma la metrica, Andrea Renzi tenacemente frantuma la narrazione teatrale, ne fa creta da modellare sulle forme dello scrittore.
Momenti di dissennata angoscia si accavallano nell’incontro con la Bestia Feroce, poi la superficie torna calma e si naviga sui versi dedicati alla madre dello scrittore. Un concentrato Andrea Renzi padroneggia alla perfezione testi e atmosfere del Caproni più ostico, senza mai indietreggiare di fronte alle serie sfide linguistiche e interpretative che il genovese pone. Un rapporto di corrispondenza tra lo scrittore e l’attore sembra aleggiare in una scena, in cui il primo di volta in volta alza il livello di complessità di un’ulteriore spanna, facendo del sonetto un feticcio su cui imprimere a fuoco il proprio marchio di irriducibilità dell’emozione. Il secondo, da parte sua, non può che usare qualsiasi mezzo per seguire la musica che il primo lascia suonarsi: percussioni, bicchieri, sono dunque ben accetti. Uno spettacolo che sprigiona amicizia e complicità, non solo tra Federico Odling e Andrea Renzi, ma anche tra questi e Giorgio Caproni. Un continuo gioco di rimandi tra gli uni e gli altri, in cui anche il pubblico finisce per essere attivamente partecipe, rimandando le proprie sensazioni su un palco sempre pronto a ricevere il prossimo caldo applauso. Il pubblico è immerso in un rito che ha lo scopo di far librare la poesia di Caproni, l’interprete si dissolve sulla scena, mentre rimane avvolgente la parola sempre mancante (ma mai mancata) dello scrittore. E forse proprio il teatro che rimanda a ciò che non è (di)mostrabile è il teatro che sa riuscire più vigorosamente.
Caproni!
di Andrea Renzi e Federico Odling
testi di Giorgio Caproni
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