[RomaFilmFest7] Quinta giornata
di Francesco Vannutelli / 14 novembre 2012
Mentre continuano imperterriti i problemi di organizzazione (la gestione delle code nelle proiezioni serali è qualcosa di aberrante: nessuna segnalazione per le file di accreditati e muniti di biglietto, niente delimitazioni, ritardi vergognosi nell’inizio delle proiezioni e incapacità assoluta nell’affrontare la folla, nonostante il massimo impegno degli addetti alla sicurezza) la quinta giornata della Festa internazionale del Film di Roma si concentra sul pubblico dei giovani e dei giovanissimi.
La mattina si apre infatti con la proiezione in anteprima di Ralph Spaccatutto, nuovo cartoon Disney per la regia di Rich Moore che negli Stati Uniti sta battendo ogni record d’incassi convincendo anche la critica. Maestoso lo scenario allestito per la presentazione del film in uscita il 20 dicembre: sul tappeto rosso dell’Auditorium, infatti, si è respirata con largo anticipo l’atmosfera natalizia, con tanto di nevicata artificiale, albero di Natale alto cinque metri e ragazze vestite, diciamo così, come Santa Claus.
Entusiasti i ragazzini accorsi per il film, presentato fuori concorso nella sezione Alice nelle città, che racconta la storia di Ralph, omaccione nerboruto che, stufo del suo ruolo di cattivo nel videogioco Félix Aggiustatutto, decide di partire per un viaggio negli altri games dove conoscerà la piccola Vanellope, minacciata da un cattivo crudelissimo. Presenti alla proiezione il regista Rich Moore, formatosi con Matt Groening nei Simpons e in Futurama, e Paolo Virzì che ha un piccolo ruolo di doppiatore nella versione italiana.
Presentato fuori concorso anche Rise of the guardians – Le 5 leggende, il nuovo kolossal d’animazione firmato Dreamworks, tratto da un racconto di William Joyce, che ha ricevuto anche il premio Vanity Fair per l’eccellenza del cinema, per la capacità innovativa e l’originalità. Nel film di Peter Ramsey, presente a Roma con il produttore Guillermo del Toro, Babbo Natale, il Coniglio Pasquale, la Fatina dei Denti, Jack Frost e Sandman si coalizzano per difendere i bambini dall’Uomo Nero che vuole entrare nelle loro menti di notte per rubarne i sogni.
Folla oceanica di ragazzine trepidanti, infine, per The Twilight Saga: Breaking Dawn part II, ultimo capitolo della saga dei vampiri luccicanti protagonisti dei romanzi di Stephenie Meyer, a cui ha fatto seguito una cinemaratona con tutti i film della serie, con giochi e quiz per il pubblico.
Di tutt’altro registro invece il ritorno sul grande schermo di Larry Clark, regista specializzato in storie di adolescenze complicate con l’elemento sessuale sempre in primo piano. In Marfa Girl, presentato in concorso ufficiale, l’ex fotografo racconta la storia di Adam, metà bianco e metà messicano, nella cittadina texana di Marfa, vicinissima al confine con il Messico e incessantemente pattugliata dalla polizia di confine alla ricerca di immigrati in fuga. Una realtà rigida, in cui è imposto un coprifuoco alle undici di sera e dove i professori del locale liceo sono liberi di infliggere pene corporali ai propri studenti. Tra le giornate trascorse con gli amici e l’inquietante presenza di Tom, agente di polizia psichicamente instabile, il sedicenne Adam inizia a sperimentare il sesso, un po’ con la sua fidanzatina Inez, un po’ con una vicina di casa particolarmente disponibile e soprattutto con un’anonima studentessa arrivata a Marfa (è lei la ragazza del titolo) per un progetto promosso da una fondazione d’arte. Proprio la sconosciuta porterà scompiglio nella routine di Adam e di tutta Marfa.
Il cinema di Clark può risultare facilmente eccessivo nel mostrare tutto ciò che gli altri si rifiutano di filmare. Sin dal suo esordio con Kids nel 1995, passando poi per il più recente Ken Park del 2002, carico di scene di sesso reali ed esplicite, Clark non si è mai fatto problemi a seguire con la sua telecamera tutti gli aspetti della vita adolescenziale, mostrandone le violenze, le fragilità, le sperimentazioni carnali e tossiche. Il dubbio che tutta la sua produzione non sia altro che uno sforzo continuo volto alla ricerca di nuovi modi di provocare è sempre presente, e costituisce il principale elemento d’accusa nelle mani dei suoi detrattori, ma la qualità estetizzante delle immagini, anche di quelle al limite dell’osceno, già elemento di forza della sua produzione fotografica (i soggetti dei suoi primi scatti erano lui e i suoi amici intenti a iniettarsi metanfetamine), fa sì che la visione di un film di Clark non può in alcun modo lasciare indifferenti.
A un anno esatto dalla caduta del suo ultimo governo, intanto, nella sezione Prospettive Italia il documentario S.B. Io lo conoscevo bene torna a raccontare vita e opere di Silvio Berlusconi. Ci si può chiedere: serve fare ancora film sull’ex presidente del consiglio? La risposta è semplice: sì. Accolto nella proiezione per la stampa tra gli applausi e le risate per alcune gaffes divenute ormai storiche, il film di Giacomo Durzi e Giovanni Fasanella ricostruisce gli ultimi trent’anni dell’attività dell’ex premier, dalla nascita di Milano 2 e del suo impero immobiliare fino alla famigerata discesa in campo, dagli imbarazzi internazionali alle dimissioni che hanno aperto la strada al governo Monti.
C’è poco da ridere, in verità, nel lavoro svolto da Durzi e Fasanella. Il punto di vista assolutamente inedito che i due registi si pongono – utilizzando esclusivamente interviste inedite a ex berlusconiani “pentiti”, dall’avvocato Vincenzo Dotti a Gabriella Carlucci, da Paolo Guzzanti a Cirino Pomicino, unite a materiali d’archivio prese da programmi televisivi, spot elettorali e telegiornali – offre uno spaccato nuovo sul berlusconismo rispondendo finalmente, anche se solo dal punto di vista di addetti ai lavori della politica, alla domanda che più spesso ci si è posti negli ultimi anni: qual è il segreto del successo elettorale del Cavaliere di Arcore, come ha fatto a convincere un variegato gruppo di professionisti, prima, e un gran gruppo di elettori, poi, a seguirlo in un progetto politico senza precedenti nella storia del mondo occidentale.
Lasciando parlare i propri ospiti, Durzi e Fasanella mettono in luce per la prima volta in maniera esclusiva il mondo dall’altra parte della barricata, quello in cui si sono mossi entusiasti e convinti i berlusconiani della prima ora e i folgorati sulla via di Segrate. Dalle immagini emerge quello che è l’autentico genio berlusconiano, quella capacità di seduttore e comunicatore che è stata la sua forza nell’avvio del progetto Forza Italia e che è divenuta, con gli anni, la sua principale debolezza. Camminando nella galleria degli errori, degli orrori, di quello che è e sarà senza dubbio il presidente del consiglio più discusso dell’Italia del dopoguerra, emerge un fatto importante: Berlusconi non è mai stato un politico, lo dicono Ferrara e Cirino Pomicino. Il suo non è mai stato un progetto volto a creare un partito nuovo che durasse nell’agone politico. Il Cavaliere ha sempre venduto sé stesso, la propria immagine, il proprio corpo, e questa è stata l’arma segreta che l’ha reso l’uomo politico, e non solo, più importante in Italia negli ultimi vent’anni. Quell'arma, poi, si è volta contro di lui portandolo alla caduta.
Impreziosito dalle animazioni pop di Giacomo Nanni, che introducono i vari capitoli in cui è suddiviso il documentario, e dalla colonna sonora elettronica di Massimo Vigliar, S.B. Io lo conoscevo bene è un film importante, se non fondamentale, per comprendere l’Italia in cui viviamo oggi.
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