“Qualcosa di scritto” di Emanuele Trevi
di Angelo Gasparini / 4 dicembre 2012
Qualcosa di scritto è il saggio romanzato di Emanuele Trevi, un importante testimonianza sul percorso narrativo e non solo di Pier Paolo Pasolini.
Trevi si muove tra i documenti del Fondo Pasolini, nell’appartamento di Via Cavour a Roma, dove sperimenta la difficile convivenza con Laura Betti, storica attrice del film Teorema e donna dal carattere particolarmente difficile. Trevi incontra Pasolini attraverso le testimonianze di Laura e ripercorre, foglio per foglio, il cammino di Petrolio da manoscritto a romanzo edito. Il privilegio di leggere direttamente dal manoscritto, consultando le correzioni manuali dell’autore friulano, consente a Trevi di formulare ipotesi filologiche e di beneficiare di rivelazioni che gli permettono di intravedere la gestazione dell’ultimo e incompiuto lavoro del poeta di Casarsa. Se è vero che parte di questa conoscenza è filtrata dagli occhi di Laura Betti, è altrettanto vero che i suoi racconti aiutano il nostro autore a rendere più palpitante e vivo l’incontro con il poeta de Le ceneri di Gramsci. Trevi sottolinea la natura visionaria del testo,in certi passaggi quasi surrealistica, mettendo il luce la brutalità con cui, lasciato nel silenzio dei lavori incompiuti dal 1975, appaia vent’anni più tardi come una specie di “mostro riemerso dal passato”. Il “libro-mostro”, decontestualizzato e pubblicato in un’epoca storica posteriore, era apparso di difficile comprensione ai lettori del 1992, sembrando un romanzo alquanto oscuro ed enigmatico.
Il romanzo narra le vicende di Carlo e del suo sdoppiamento. Carlo e Carlo II sono destinati entrambi a diventare donne e, da donne, a tornare nuovamente uomini. Impossibile non pensare alle Metamorfosi di Ovidio, autore che Pasolini, uomo dalla solida preparazione classica, conosceva bene. L’escamotage delle metamorfosi serve a Pasolini per carpire la realtà in senso panico e intelligibile, offrendo al lettore l’opportunità di un viaggio sensoriale e spirituale attraverso le vicende del protagonista sdoppiato. Dietro Qualcosa di scritto, tuttavia, si cela anche un processo al Novecento, alla sedimentazione di quei valori e rapporti di potere di cui Pasolini aveva sempre denunciato lo strapotere e gli intenti mistificatori. Carlo e Carlo II sono la metafora della società italiana dell’epoca, delle contraddizioni che la animavano e dell’affarismo cieco e del perbenismo che la contraddistinguevano. In sintesi, un processo alla borghesia.
La comunicazione e la comunicatività erano sempre state al centro della ricerca linguistica pasoliniana, nulla era mai casuale nell’opera del regista di Accattone: nel cinema come nella narrativa o nella poesia. Anche l’intervista, che per i più è solo occasione di potersi promuovere, per Pasolini costituiva un genere ben definito e l’attenzione al particolare era fondamentale per non concedere la possibilità ai mass media di strumentalizzare o mistificare un prodotto interamente letterario o intimamente ideologico.
Con questo saggio palpitante, Petrolio non solo viene sottratto dal mare oscuro in cui ha giaciuto dal 1975 al 1992, ma anche dalla nebbia che lo aveva circondato dal 1992 a oggi. Il romanzo viene analizzato da un punto di vista sociale, storico, letterario e politico. Ideologico, nel senso letterario del termine. Il pregio di Emanuele Trevi è quello di condurci, passo dopo passo, alla conoscenza di uno dei testi più controversi dello scorso secolo. Il saggio Qualcosa di scritto costituisce, in ultima analisi, una tappa fondamentale nella conoscenza di uno degli scrittori e intellettuali più importanti dei nostri giorni.
(Emanuele Trevi, Qualcosa di scritto, Ponte alle Grazie, 2012, pp. 246, euro 14.28)
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