“Flash”: a tu per tu con gli Speedliner
di Tommaso Di Felice / 11 gennaio 2013
Iniziamo questo 2013 parlando di una band emergente del panorama musicale italiano, gli Speedliner, tra Polaroid e fotografie rubate al mondo. Originari della provincia di Brescia, esplorano sonorità new wave anni '80, rock e brit pop, unendo a esse testi che trattano di vita quotidiana con estrema lucidità. Mai scontati e in qualche occasione cupi, sembra proprio che trovino il loro essere/leitmotiv in questi scatti istantanei della realtà circostante, spesso non tutta rose e fiori. Senza troppi giri di parole, andiamo subito a vedere cosa ci dice Matteo a proposito della band e del loro disco Flash, uscito pochi mesi fa.
Matteo, parlaci degli Speedliner: le vostre origini, la formazione attuale e le esperienze precedenti.
Tutto ha inizio con una “stupida e vecchia chitarra acustica” trovata in mezzo ad altre cose in cantina, io (Matteo, voce) avevo 10 anni e fui subito affascinato da qualcosa che ancora non conoscevo. Messe le mani quasi a caso uscì una nota armonica, malinconica, profonda…fu il mio primo accordo, quello che poi scoprii essere un MI minore. Dopo alcuni anni e qualche progetto musicale fu il momento dei The Oranges, adrenalinico r’n’r d’oltremanica suonato da me e altri compagni. Finita l’esperienza, culminata con la pubblicazione di un EP e un album (Hit The Centre-Polka Dots, 2008), io e Simone (anch’egli ex componente dei The Oranges) ci ritrovammo con la voglia di ripartire, cambiare e ricreare qualcosa di nuovo per noi, qualcosa di meno impulsivo, qualcosa di più ricercato…Nascono così gli Speedliner che con Alessandro e Andrea trovano e iniziano a esplorare nuove sonorità, è il 2011.
Quali sono i gruppi e i generi di riferimento?
I riferimenti variano in base ai componenti ma trovano affinità sonora con il lavoro di tutti e quattro e il non limitarsi a prese di posizione sui generi distinti che ci hanno seguito durante gli anni di formazione. Non si smette mai di imparare, la musica è un pianeta che ruota a 360° e richiede continui ascolti anche di cose che meno affascinano. Io prediligo la New wave dei Cure e dei Depeche Mode, Simone nasce e viene dall’hard rock oltre che dalla scena già da me menzionata, Alessandro è amante della new wave disperata dei Joy Division, del brit rock dei Blur ma anche del punk ’77 e del mod revival anni ’60, mentre Andrea ama la scena della west coast degli anni ’90.
Come si riesce a coniugare la musica elettronica con il rock?
Il lavoro di rifinitura nasce in sala prove e trova forma nella fase delle produzioni in studio. Secondo noi la musica è adrenalina in un irrazionale ma lucido sfogo di emozioni, la chiave è il rock ma l’equilibrio è il suono limpido dei “Lead”. Rendere il suono compatto è un po’ come cercare un’alchimia tra ordine e caos. Noi cerchiamo di essere spontanei ma precisi nell’utilizzo delle gamme sonore, quando il songwriting lo permette ne usciamo col sorriso, quando questo non accade lavoriamo su ciò che ci sembra dissonante.
Come nasce l'album Flash ed in particolare il brano "La mia periferia"?
Flashma anche il nome Speedliner hanno un significato da ricondurre alla concezione fotografica, un’estemporanea immobile e immutabile nel tempo. Non abbiamo cercato in modo saccente o presuntuoso di fare un’opera major, al contrario abbiamo cercato di essere noi stessi, di scattare 10 estemporanee di una fase della nostra vita, dieci umili immagini per raccontare stati d’animo e situazioni. “La mia periferia” nasce una sera di inverno, è una critica anche introspettiva, è la necessità di uscire e fare cose, cose che non sempre servono a renderti felice ma almeno ti aiutano a non pensare. Ci si confonde tra le persone diventando un’ombra anche noi stessi, ci si perde nella notte tra volti annoiati e ci si nasconde nella perdizione per non riflettere…e poi? E poi succede che guidi la tua auto verso casa e pensi che alla fine scappiamo dalle “campagne” alla ricerca della vita metropolitana, di quell’underground che la nostra “piccola” ed egoistica mente non riesce neanche a vivere con lucidità…Sono contento di rispondere a questa domanda, perché non riesco ancora oggi a spiegarmi come io periferico abitante della mia periferia non sia in grado di vivere a pieno la mia realtà con serenità.
Quanto vi ha influenzato e vi influenza il vostro luogo di nascita?
Seppur distribuiti su tutta la provincia di Brescia le nostre origini ci influenzano nel mood. Abbiamo tante possibilità di svago e di eventi da seguire, non è un posto dove la noia può stringerti come una morsa ma tutti sappiamo che non si vive di solo svago.
Nell'attuale panorama italiano, quali sono i vostri modelli?
Oltre a gruppi che gravitano nella scena indipendente i riferimenti più diretti sono sicuramente gli Afterhours, i Verdena e i Tre allegri ragazzi morti per quanto riguarda il rock, per quanto riguarda il pop ci sono parecchi gruppi che stimiamo e prendiamo come riferimento ma anche cantautori (Velvet, Negrita, Caparezza e Subsonica)
Quali sono i problemi di chi decide di investire la propria vita nella musica?
Mi sembrerebbe assurdo rispondere con la parola “precarietà”, siamo purtroppo in un periodo dove troppe e tante cose sono offuscate dalle incertezze economico-lavorative in tutti gli ambiti.
Se diventasse un problema di natura mentale faremmo fatica ad andare avanti con determinazione ma la verità è che la vita è fatta di discese e salite…alti e bassi…i problemi sono sicuramente al di fuori della musica per quanto ci riguarda perché la musica è la cosa più dolcemente vera che abbiamo.
La scelta di cantare in italiano.
È una necessità comunicativa, deriva dalla voglia di esprimere e, dove è possibile, di dare delle emozioni agli ascoltatori. Non è una scelta per puntare al successo, è un modo di essere sinceri con noi stessi e con chi trova interesse in ciò che facciamo.
Prospettive per il futuro?
Attualmente oltre a promuovereFlash e aver lanciato un singolo con rispettivo video, stiamo lavorando a brani nuovi per un disco nuovo e stiamo cercando di organizzare un mini o maxi tour per portare in giro il nostro lavoro. Ovviamente quando parliamo di “maxi tour” non siamo seri, sarebbe meraviglioso ma stiamo cercando di imparare a volare e per il momento è opportuno volare basso…stay tuned!
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