“Il comandante” di Jürg Amann
di Antonella Finucci / 26 febbraio 2013
Poche pagine pesanti, dense di significati, eppure scorrevoli e leggere alla lettura. Pubblicato da Atmosphere (2013), questo monologo, ingenuo e sconvolgente come il suo protagonista, nasce dalla raccolta degli appunti personali di Rudolf Höss, primo comandante del campo di concentramento di Auschwitz,da parte di Jürg Amann, che ne ha selezionato i passaggi salienti da una voluminosa raccolta scritta in carcere, in attesa della sua esecuzione. La parabola della vita di un uomo ripercorsa attraverso una scelta di passi completa ed efficace (sono un’amante della brevitas e apprezzo questo aspetto del lavoro di Amann), senza inventare nulla. Ogni frase e ogni episodio diventano un pungolo di riflessione a livello storico e a livello umano.
Rudolf Franz Ferdinand Höss è un nazionalsocialista convinto, che viene incaricato di cercare e sperimentare un metodo rapido, e se possibile anche economico, per poter uccidere il maggior numero di ebrei contemporaneamente. Sin da bambino spicca la sua indole solitaria e poco incline ad affezionarsi agli altri, nemmeno ai suoi familiari. Trova un minimo di attrattiva in una sola attività: fare il soldato. Dunque, seppur la sua vita fosse stata indirizzata al sacerdozio per volontà paterna, Höss si arruolò nelle SS, diventando in breve tempo un personaggio di spicco e ritrovandosi dentro un ingranaggio più grande di lui. Aveva del resto tutte le carte in regola perfare carriera in un ambiente del genere: farsi poche domande ed eseguire gli ordini del Führer senza commentare.
Non serve che io faccia nemmeno un cenno alla storia raccontata, così tristemente nota in tutto il mondo. Non serve nemmeno che io dica quanta cinica freddezza c’è nelle parole di quest’uomo. Si può immaginare con estrema facilità. Credo che il libro vada letto esulando da questi temi: non è un libro di guerra e non è un romanzo. È qualcosa al limite tra autobiografia e monologo teatrale: le scene si materializzano davanti agli occhi con una forza non comune, inducendo necessariamente il lettore a farsi le domande giuste, quelle che il suo interlocutore non si è fatto durante la vita.
Un’operazione letteraria che credo meriti davvero, perché se da un lato (quello che per primo salta all’occhio) evidenzia la crudeltà umana, dall’altro tende a mostrarne la fragilità, che molto spesso è l’altra faccia della stessa moneta. Perché leggendo si rabbrividisce (o almeno a me è successo così) a pensare, più che agli orrori causati, alla pochezza di un uomo, e forse un po’ a quella di tutti quanti noi.
(Jürg Amann, Il comandante, trad. di Emanuela Cervini, Atmosphere libri, 2013, pp. 67, euro 10)
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