“Due fiumi” di Tatiana Salem Levy
di Chiara Gulino / 12 marzo 2013
«Due fiumi ai due lati della spiaggia, l’oceano in mezzo. Allora mi tornò tutto, e vissi nuovamente le notti in cui io e mio fratello fuggivamo da casa, mentre i nostri nonni dormivano, ci rifugiavamo dove il fiume ricco d’acqua sfociava nel mare e aspettavamo che le stelle cadenti comparissero in cielo per esprimere desideri».
C’è qualcosa nel rapporto tra fratello e sorella per cui a volte si finisce per assumere un ruolo in reazione all’altro e si resta come bloccati. È quello che succede ai protagonisti di Due fiumi (Cavallo di Ferro, 2013) della giovane scrittrice portoghese Tatiana Salem Levy. Dois Rios (due fiumi) è un’isola vicino Rio de Janeiro dove i gemelli Antonio e Joana trascorrevano le estati a casa dei nonni. È sotto il sole cocente brasiliano che improvvisamente la vita di entrambi, inseparabili fino ad allora, subisce una brusca interruzione nel suo percorso. Violentemente e inspiegabilmente una linea d’ombra, un confine attraversa la vita dei due adolescenti.
Quello che all’inizio il romanzo ci presenta è un immaginario familiare luttuoso in cui la normalità diventa ben presto una chimera e il racconto diventa man mano la dimostrazione di come a volte famiglia e identità non sempre lavorino insieme ma anche contro.
La morte improvvisa del padre, quando Antonio e Joana hanno solo dodici anni, abbatte il fragile edificio familiare e a questo evento i personaggi della storia reagiranno in modi diversi per venire a patti con il dolore.
La madre Aparecida finirà per richiudersi nella sua gabbia di ossessioni: la disposizione millimetrica di fotografie e posate; il gioco di calpestare solo o il bianco o il nero del marciapiede che diventa mania; il ripetuto gesto di aprire e chiudere la porta; il lavarsi le mani usando una nuova saponetta a ogni lavaggio sino allo spellamento. Joana farà della follia materna una colpa da espiare e rimarrà a prendersi cura di lei mentre il fratello preferirà «il mondo, invece della piccolezza dei dolori domestici», farà suo il sogno del padre di viaggiare e diventerà fotografo.
Il rapporto fra Antonio e Joana subirà così un drastico cambiamento: all’inizio si sottolinea l’estrema vicinanza, quasi borderline, che si spinge pericolosamente oltre l’amore fraterno, e subito dopo l’estraneità di un legame che comunque non è frutto di una scelta. Inevitabilmente, con un fratello si condivide una parte importante della vita. Quando Antonio se ne va, per Joana è come se insieme a lui avesse perso tutta la sua infanzia e non avrà il coraggio di separarsi dalla sua «colpa». Sarà lo sgretolarsi di tutte le illusioni dell’infanzia: «…non serve a niente vedere le stelle cadenti, non serve a esprimere desideri, la vita è quello che è, non quello che vorremmo fosse».
A innescare una sterzata narrativa potente e illuminante è l’apparizione di Marie-Ange, una graziosa ragazza corsa con il cuore di una quattordicenne, un’epifania che alla fine il lettore stenta a credere reale ma così nitida nei ricordi dei due gemelli che se ne innamorano. Marie-Ange è una figura numinosa, una benefica forza simbolica, quasi una presenza mitica. E infatti i loro racconti e le loro emozioni sembreranno quasi sovrapporsi tanto da rendere indistinguibili e parallele le due parti di cui si compone il romanzo, due monologhi interiori intrecciati dall’andatura evocativa, portatori ognuno della voglia di cambiare. Per Joana, Marie-Ange rappresenta una vera salvezza. Prigioniera del suo passato, solo con lei riassaporerà la libertà.
Sarà ancora un’isola («la tua isola risveglia i fantasmi della mia»), un altro sole e un altro mare in cui rinascere immergendosi come nel liquido amniotico, a schiarire le idee e i sentimenti dei due gemelli. Allora forse ci sarà un nuovo inizio.
È proprio questo vissuto che aggalla nei due protagonisti, unito a un passato struggente che la Levy riesce a rifuggire da caratterizzazioni vaghe o meramente funzionali creando personaggi dal connotato spessore psicologico. Ciascuno racconta il proprio passato perché vuole accantonarlo definitivamente e ritorna su fatti vicini e lontani con la speranza che con la loro luce possano illuminare il presente e rischiarare il futuro.
(Tatiana Salem Levy, Due fiumi, trad. di Cinzia Buffa, Cavallo di Ferro, 2013, pp. 208, euro 14)
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