[Amarcord] “Akira” di Katsuhiro Otomo
di Francesco Vannutelli / 29 maggio 2013
Per celebrare il venticinquesimo anniversario dell’uscita in Giappone torna nelle sale italiane, per un solo giorno, Akira, l’anime di Katsuhiro Otomo che ha lasciato un’impronta profondissima nel cinema fantascientifico mondiale.
Il 16 luglio del 1988 una violenta esplosione ha distrutto Tokyo scatenando la Terza Guerra Mondiale. Sono passati trentuno anni da quel giorno, la guerra è finita ma ancora non sono note le cause dello scoppio: una bomba, un attacco, un incidente. La città è stata ricostruita completamente. Nella nuova metropoli, però, regnano il caos e la violenza. Mentre i governi cadono fragili privi del sostegno della popolazione, i militari del colonnello Shikishima controllano con l’autorità le strade in cui gli scontri di gruppi armati terroristici rivoluzionari si alternano alle battaglie tra bande di motociclisti. Kaneda guida una di queste gang di poco più che adolescenti. I suoi lo seguono con rispetto, incluso Tetsuo, il più giovane del gruppo, che unisce all’ammirazione un’invidia prepotente per il carisma dell’amico. Proprio Tetsuo rimane ferito durante uno scontro con una banda rivale, quando la sua moto salta in aria nel tentativo di evitare uno strano bambino apparso d’improvviso sulla strada. L’esercito di Shikishima arriverà sul luogo dell’incidente portando via il bambino e Tetsuo. Kaneda inizierà a cercarlo trovandosi coinvolto in Akira, misterioso progetto del governo collegato all’esplosione che rase al suolo Tokyo.
Quando Akira arrivò nei cinema occidentali, a circa due anni dalla sua uscita in Giappone, l’impatto fu quasi devastante. La scoperta che attraverso l’animazione si potessero costruire storie complesse, suggestive, colte, ha aperto la strada all’evoluzione della moderna cinematografia a cartoni animati verso il pubblico adulto e verso la possibilità di un’espressione rivolta non solo all’infanzia. La traccia che il capolavoro di Otomo ha lasciato nella fantascienza è indelebile e ancora si può scorgere in produzioni recentissime (il rainmaker di Looper; Chronicle, nel rapporto tra i due protagonisti).
Frutto di una gestazione lunga e impegnativa, che ha visti impegnati 1.300 tra tecnici e disegnatori e che ha richiesto la nascita di un consorzio tra le più importanti case cinematografiche giapponesi, l’Akira Commettee, per raccogliere il miliardo di yen necessario alla realizzazione dell’anime, Akira parte dal manga dello stesso Otomo riducendone i sei volumi originali in poco più di due ore di film che hanno innovato, anche sul piano della tecnica, l’animazione cinematografica, introducendo novità, quali l’uso della computer-generated imagery e il doppiaggio pre-recorded (registrare, cioè, i dialoghi sulla base di bozzetti animati per adattare poi i movimenti delle labbra e del volto dei personaggi alla pronuncia dei doppiatori), immediatamente recepite dalla Disney. Assimilando in sé la tradizione cinematografica occidentale e l’immaginario giapponese, Otomo ha creato un cinema nuovo: ambientazione distopica e cupa alla Blade Runner, momenti di silenzio siderale, di esplosioni di colore che sfiorano 2001: Odissea nello spazio che si fondono con il bio-horror della tradizione manga per andare oltre, per sganciarsi dall’action e raggiungere l’indagine socio-politica.
Perché Akira è in primo luogo una riflessione sul potere e sulle conseguenze di una sua cattiva gestione, sul distacco tra politica e società, sull’uso incontrollato di un’energia devastatrice in cui si sente l’eco della cicatrice nucleare di Hiroshima e Nagasaki. È stato l’esercito a radere al suolo Tokyo con il progetto Akira, è di nuovo l’esercito a mettere a rischio la città con Tetsuo, ragazzino fragile e insicuro, che si inebria del potere immenso che lo investe e finisce per esserne distrutto lui stesso.
È il tema dell’amicizia, però, ad attraversare il film come filo conduttore. Tetsuo cerca di superare il mito di Kaneda in un conflitto quasi edipico. Vuole sostituirsi a lui al vertice della banda, godere dei privilegi della sua posizione ed essere riconosciuto come libero e autonomo. Non vuole più essere il protetto del capo, di quell’amico che ha iniziato a prendersi cura di lui quando era solo un bambino spaventato in una nuova scuola. Kaneda si impegna sempre per salvarlo, cerca di ricondurlo a ragione, poi lo contrasta quando capisce quanto in là si sia spinto. Non teme la sua forza rabbiosa, continua a vederlo come il debole ragazzino a cui deve badare e a cui è chiamato a dare una lezione quando esagera. Tetsuo non vuole essere il Messia che gli abitanti di Nuova Tokyo attendono. Lui vuole solo essere il nuovo Kaneda, prenderne la moto e quindi l’autorità, liberandosi di un fratello/padre ingombrante e perfetto cui però torna ad appellarsi, quando capisce che tutto è perduto, che tutto sta morendo, nel finale, carico di un simbolismo oscuro e memorabile, in cui si scontra, corpo trasformato fino alla deformazione da un potere troppo grande, con il risorto Akira, energia pura e salvifica che assorbe in sé tutta forza distruttrice dell’uomo e la annulla in un unico punto di luce, una scintilla che Kaneda accoglie tra le mani con dolorosa speranza.
Nel 2008 la Warner Bros e la Appian Way, la casa di produzione di Leonardo Di Caprio, annunciarono l’intenzione di realizzare un live action dal manga di Otomo. Sono seguiti vari progetti, hanno iniziato a circolare nomi per la sceneggiatura, per la regia, per i protagonisti. Ogni volta il cantiere si è fermato prima di nascere. Confrontarsi con un cult come Akira in una nuova versione potrebbe essere una scelta rischiosa e sbagliata alle fondamenta. Pur con i progressi che la tecnologia ha compiuto in questi venticinque anni, la potenza immaginifica, a tratti ridondante e barocca (si pensi sempre al finale, alla mutazione di Tetsuo, alla splendida esplosione), di Akira non può in alcun modo essere replicata in un film reale. Sarebbe necessario un abuso di computer grafica che renderebbe il film troppo simile a un cartone. E il cartone, per fortuna, esiste già.
(Akira, di Katsuhiro Otomo, 1988, fantascienza, 124’)
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