[NTF6] “Une nuit à la présidence” di Jean-Louis Martinelli
di Luca Errichiello / 27 giugno 2013
La parola negli eleganti salotti africani striscia e ogni tanto alza la testa. Si nutre di sguardi fugaci e di promesse a metà. Presidenti africani nelle mani di consorti il cui spirito democratico termina laddove inizia la propria privata gelosia. Intermediari di multinazionali straniere con abiti dai colori ancora troppo coloniali. La parola inizia a far parte di un lessico deviato e deviante. Sottile s’insinua e mette in dubbio certezze troppo manichee. Una corrispondenza d’amorosi denari si svolge in un appartamento presidenziale. Promesse multinazionali e ori emergenti. Tutto è chiaro pur non assumendo mai la forma della parola, se non di quella biascicata, sussurrata. Perché davvero sarebbe troppo complesso sostenere il carico morale della parola urlata.
Umani, molto umani questi presidenti pseudo-democratici, questi intermediari strozzini di nazioni. L’umanità che avvolge il pubblico e per una buona ora mette in crisi la certezza del nemico da combattere. Quello di presidenti sanguinari e disumani, di multinazionali senza scrupoli. Il presidente di questo stato africano non è altro che una marionetta troppo greve per percepire la sofferenza altrui. L’intermediario della multinazionale non è altro che un rancoroso uomo ferito. L’incontro di due interessi, l’incontro di due uomini penosi, segue una strada già tracciata. Nient’altro, finché un gruppo di musicisti non decide di cantare quella parola che non può essere pronunciata. I musicisti sono cantastorie di una realtà privata del senso della pietà. La pietà si è persa nelle pieghe dei passaggi burocratici. Il mostro si è smaterializzato. La tragedia si compie e il carnefice non appare. Partire, perdersi nel deserto, sfruttati sessualmente, ubriachi di disperazione. La canzone rompe il ritmo della parola sussurrata dai poteri.
Il testo del regista Jean-Louis Martinelli sembra reggere bene agli attacchi dello scadimento banale in cui si può cadere quando si parla dei mali africani. Si intrecciano vicende personali e universali. Gli accenti variano e riescono a rendere il presunto carnefice senza colpa, almeno prima che venga messo con le spalle al muro. La regia, scarna ma incisiva all’inizio, si lascia però poi cullare eccessivamente da questa sapiente commistione. I personaggi iniziano a rimanere staticamente aggrappati ai propri ruoli, alle proprie pose. Il ritmo si sbilancia fortemente, approdando a una poetica sempre più persa in interventi didascalici. La scena diviene spettatrice di una spiegazione non richiesta. Il testo inizia a solidificarsi in modo sempre più evidente, perdendo ogni duttilità, al pari della regia, complice l’imbarazzante gestione dei sopratitoli. Si opta così per un dramma, quello africano, solo narrato, spiegato, mentre si perde l’occasione dell’esperienza di comprensione che solo il teatro sa offrire.
Une nuit à la présidence
testo Jean-Louis Martinelli
in collaborazione con Aminata Traoré
regia Jean-Louis Martinelli
con Bil Aka Kora, Malou Christiane Bambara, K. Urbain Guiguemde, Nongodo Ouedraogo, Odile Sankara, Moussa Sanou, Yannick Soulier, Blandine Yameogo, Wendy
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