ISBN: a tu per tu con Alice Beniero
di Dario De Cristofaro / 5 luglio 2013
Come ogni mese, cerchiamo di darvi un punto di vista nuovo su un particolare editore, andando a scovarne caratteristiche particolari e punti forti. Concludiamo quindi la nostra esplorazione dietro le quarte di ISBN edizioni con un’intervista ad Alice Beniero, art director della casa editrice.
Alice, partiamo dal tuo ruolo in casa editrice: da dove sei partita per diventare art director? Quali sono i compiti che svolgi e le responsabilità che hai?
Ho iniziato a lavorare per ISBN nel 2009. Non stiamo parlando di molti anni fa ma a quei tempi l’identità visiva dei libri si basava su un’idea che, con l’ampliamento del catalogo, necessitava un rinnovamento e una distinzione più evidenti. L’editore aveva bisogno di un grafico che interpretasse in una chiave visiva più articolata i titoli in uscita. Ho iniziato a collaborare disegnando alcune copertine, curando il lettering dei titoli e l’estetica dei codici a barre, sperimentando su elementi grafici che non tradissero l’immaginario consolidato nei primi anni. Lavorare insieme alla redazione è stato fondamentale per capire e interpretare i bisogni della casa editrice e definire le basi per i nuovi progetti editoriali.
Oggi mi occupo di ogni progetto grafico di ISBN (con il valido aiuto di Fabio Montagnoli), ma disegnare le copertine continua a essere l’esercizio più creativo e divertente del mio contributo.
Sfogliando il vostro catalogo, oltre a nomi importanti come Douglas Coupland e Kurt Vonnegut, ma anche Anatole France e Bianciardi, la veste grafica dei libri è senz’altro ciò che più colpisce. Nel 2011 siete inoltre stati premiati agli European Design Awards, che importanza ha avuto e continua ad avere la grafica per ISBN?
Dalla mia esperienza in casa editrice penso che definire l’aspetto di un libro sia uno dei nodi del suo ciclo di vita. Un buon progetto grafico può dare visibilità a un titolo, così. Come una buona promozione, un buon editing, una buona traduzione. A volte credere fortemente in un progetto è una scommessa, lo dimostra il caso degli Special Books, premiati agli EDA e apprezzati dai lettori. Quello che ritengo fondamentale è non tradire il senso del libro, cercare un compromesso tra l’immaginario che evoca e il peso che deve avere per essere visibile in libreria. Perché in mancanza di informazioni pregresse il primo elemento attraverso il quale entriamo in relazione è la copertina, la qualità estetica e materica del libro.
Ci racconti il progetto della collana Vinili, una delle ultime nate?
È una collana economica di titoli che appartengono a due insiemi: alcuni provengono dal catalogo storico di ISBN e sono libri ritenuti di interesse culturale per il pubblico attuale e che per qualche motivo non hanno avuto molta visibilità (romanzi sulle figure e tipologie di lavoratori precari per esempio), altri sono delle novità che vogliamo rendere accessibili al più ampio numero di lettori. Tra questi ultimi sono particolarmente interessanti i progetti che nascono da un’idea di ISBN, che commissiona un libro a scrittori e personaggi con esperienze e storie avvincenti e interessanti, a volte sono progetti che non esistono in formato testo ma hanno il potenziale per diventarlo (di prossima uscita un libro di Marco Giusti, già autore di 007 all’italiana).
Per quanto riguarda il progetto visivo, l’idea è di usare degli elementi grafici in un processo di stampa semi-controllato: la copertina è il punto di arrivo e uno dei possibili impieghi di un progetto applicato a un foglio macchina (il foglio che esce intero dalla macchina da stampa, di dimensioni 100×70 cm). Il risultato è un controllo parziale su quello che uscirà effettivamente in copertina (ma la progettazione prevede un margine di sicurezza nella presenza di tutti gli elementi fondamentali perché un libro sia riconoscibile, acquistabile e abbia un immaginario visivo comprensibile), che permetta di avere una varietà consistente di copertine per lo stesso titolo. È un’operazione di customizzazione: il lettore può scegliere di acquistare la copia che preferisce tra quelle disponibili.
La vostra collana di narrativa si identifica con il colore bianco: come si è evoluta la veste grafica di questi libri, dalla classica copertina bianca con codice a barre alle recenti copertine più elaborate? Penso, per esempio, a La ragazza dei cocktail di James M. Cain o a Qui non crescono i fiori di Luca Giordano.
Per rispondere a questa domanda faccio riferimento alla prima: le esigenze di partenza erano le stesse perché all’epoca esistevano solo delle categorie di colore che differenziavano i libri e il progetto grafico era uguale per tutti i titoli. Dalla necessità di differenziare i generi e gli autori abbiamo sperimentato parecchio, a volte con delle variazioni sul tema più o meno efficaci, altre scegliendo degli elementi grafici e uno stile per definire delle sottocategorie specifiche. È il caso della narrativa americana, collana che raccoglie autori come Brautigan e Vonnegut.
Nella narrativa classica ISBN abbiamo introdotto da qualche anno l’uso della fascetta come elemento visivo costante, un’immagine che ha un legame con la grafica di copertina e che allude all’immaginario di titolo e testo. Ha una funzione puramente narrativa, che spesso coincide con l’assenza di testo.
Puoi indicarci due titoli a te cari e dirci perché?
Skippy muore di Paul Murray (trad. di Beniamino R. Ambrosi): è il titolo su cui ho realizzato la collana Special Books. Ho eseguito dei test su altri titoli in una fase successiva, ma sono particolarmente legata ai passaggi evolutivi del progetto di copertina di questo romanzo.
L’invasione degli Space Invaders di Martin Amis (trad. di Federica Aceto): oltre a essere un bellissimo reportage d’autore su un’epoca e una realtà che ho in qualche modo vissuto (poco prima di cedere il passo a nuove tecnologie e tendenze), è un libro ricco di immagini uniche, dettagli grafici e fotografie rarissime. È un progetto in cui tutta ISBN ha creduto, ci abbiamo lavorato tutti molto. Un bel libro con una storia alle spalle che vede la luce per la prima volta dopo tanti anni.
Comments