“Paura e desiderio” di Stanley Kubrick
di Michele Lupo / 19 luglio 2013
Grazie alla collaborazione fra QMI e Minerva Pictures il 29, 30 e 31 luglio sarà possibile vedere al cinema Paura e desiderio, film d’esordio di Stanley Kubrick del 1953, ovviamente in bianco e nero, primo lungometraggio, dopo tre documentari, del regista che non ne ebbe, per primo, grande considerazione. La storia del cinema lo registra agli atti come un’introduzione non perfettamente riuscita all’universo tematico del grande cineasta, che se lo finanziò da solo e riuscì qualche tempo dopo a farlo sparire dalla circolazione considerandolo alla stregua di un esercizio di apprendistato evidentemente non convincente. Ma il cinema, diceva Kubrick, s’impara facendolo. E qui per la prima volta si mette alla prova in un’opera che è totalmente ascrivibile al suo nome (cosa che nel cinema è molto più l’eccezione che la norma) perché a parte il soggetto curato da Howard O. Sackler, il resto porta la sua firma: sceneggiatura, fotografia, montaggio.
Girato sulle San Gabriel Mountains della California, il tema di fondo di Paura e desiderio è uno di quelli classici del cinema di Kubrick: la guerra. Quattro soldati dispersi, due almeno dei quali ne hanno anche tutta l’aria, agli ordini del loro stupido tenente. La guerra a cui partecipano non è storica, non ha un nome e non ce l’ha il luogo in cui si svolge, perché propriamente “luogo” non è, essendo una foresta archetipica come i fatti che vi si svolgono: la guerra vi appare come manifestazione perenne e nefasta della vita umana: nel mondo di Kubrick l’uomo la fa a se stesso, in primo grado; essa è un male insensato che si autoinfligge prima di combattere il nemico – “ognuno è solo…” con quel che segue. Paura e desiderio è un film bellico solo se lo intendiamo come sfibrato o elusivo corpo a corpo di quattro malnati con se stessi, una condizione che declina la vita umana come una caduta nell’errore – che è solo una delle due facce possibili.
Ora, se la didascalia della voce fuori campo rischia di sconfinare nell’astrattezza del discorso, va da sé antimilitarista, e certo moralismo schematico s’insidia nei dialoghi, la scrittura propriamente detta della macchina da presa si muove ardita fra i volti e i corpi illividiti nella foresta (là dove la sfida di “restare civili” sembra persa da subito). Nella stupida abiezione compare anche l’altro archetipo della donna, vittima sacrificale insieme accidentale e inevitabile della caduta, ossessione non secondaria nel cinema di Kubrick, per il quale «l’uomo ha un difetto connaturato, un lato malvagio». La follia della guerra, che poi racconterà in almeno un paio di film giganteschi, è il luogo per eccellenza delle sue manifestazioni. Ed è già tutta qui, in un apprendistato d’autore.
Insieme all’uscita nelle sale, il film sarà disponibile in DVD per la Minerva Pictures in un’edizione restaurata che contiene anche i corti Day of the Fight e The Seafarers realizzati nei primi anni cinquanta (la storia di un incontro di boxe del pugile Walter Cartier e un documentario sulla vita dei marinai).
(Paura e desiderio, di Stanley Kubrick, 1953, guerra, 68’)
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