Quodlibet: una tessitura di melodie eterogenee che piace

di / 2 ottobre 2013

Brano musicale costituito da diverse melodie allacciate grazie al contrappunto. Questa è una delle opzioni. Oppure semplicemente «ciò che piace», dall’immediata traduzione latina. Le quodlibeta, infatti, erano le argomentazioni che gli studenti di teologia dovevano discutere due volte l’anno su tematiche a scelta. Quello che si ama dire, divulgare, quello che si sceglie, da impastare sulla lingua e iniettare nell’aria. E questa delle due, pare sicuramente la soluzione più calzante nel caso della casa editrice con cui riapriamo la nostra visita guidata. Che, per l’appunto, stavolta si focalizza su Quodlibet.

Ma la sua storia inizia ben prima della nascita. Prende le mosse nel 1988, quando all’Università di Macerata sbarca Giorgio Agamben, allora quarantaseienne, come professore associato di Estetica. All’attivo ha già due importanti pubblicazioni per Einaudi e alcuni volumi di Walter Benjamin di cui è stato curatore. E il suo carisma si sparge in fretta. Intorno a sé raccoglie allievi attenti ed entusiasti. E cinque anni dopo, sotto la sua egida, vengono alla luce prima una rivista e poi una Società cooperativa editrice, imperniata sulla diffusione di testi specialistici di filosofia. Gli autori reclutati nel novero sono impressionanti: da Claude Lévi-Strauss a Emmanuel Lévinas, da Edmund Husserl a Franz Brentano, da Baruch Spinoza a Ludwig Binswanger.

Gli anni sciolgono i giorni e anche il gruppo iniziale. La direzione viene assegnata a Gino Giometti e a Stefano Verdicchio, grazie ai quali si schiudono per Quodlibet anche i paesaggi della letteratura, dell’architettura e della critica d’arte. Dalle parole dello stesso Giometti «Il qualsivoglia latino che abbiamo scelto per marchio non significa né indifferenza né neutralità. Chiarisce il criterio delle nostre scelte. I testi che cerchiamo devono reagire sull’attualità, gettarvi sopra una luce inattesa.» Ed è quello che accade, costruendo una partitura di linguaggi e visioni davvero raffinati. Tanto diversificati nei generi e nei contenuti, individuati appunto in base al proprio gusto, al piacere editoriale di ricerca ed elezione, quanto omogenei e ben assortiti nel loro comun denominatore: la qualità del prodotto finale. Sia come testo, che come veste tipografica.

Copertine sobrie ma incisive, illustrate su fondo bianco, o monocromatiche, dove spesso, in luogo del nome, campeggia il logo della casa editrice, un omino magrittiano, con ombrello e bombetta impugnata.


Da un punto di vista strutturale il catalogo attualmente conta più di quattrocento titoli e si compone di numerose collane, tra cui le principali sono tre:

– Quodlibet, che contempla opere critiche di Franco Fortini, Gilles Clément e Pavel Florenskij;

– Quaderni Quodlibet, con saggistica varia di filosofia, psicologia, arte e sociologia;

– In Ottavo, dove abitano testi di Henri Michaux, Blaise Pascal, Hugo von Hofmannsthal;

Nella sezione Quodlibet Studio sono presenti diverse collane tematiche che pubblicano prevalentemente ricerche inedite di studiosi italiani e stranieri


Da segnalare anche :

Verbarium, gestita da Michele Ranchetti e dai suoi allievi, altro punto di riferimento della casa editrice (comprende, tra l’altro, libri di Ivan Illich, Renato Solmi e le poesie dello stesso Ranchetti);

– Compagnia Extra, scorribanda letteraria battezzata nel 2008 e diretta da Ermanno Cavazzoni e Jean Talon (per altro traduttore di Georges Perec e Henri Michaux). Fondata con spirito ariostesco e surreale, ospita al suo interno autori come Paolo Nori, Gianni Celati e Ugo Cornia. Carovane narrative dell’assurdo che raccontano il gioco di dire l’impensabile;

– Le forme dell’anima, diretta da Stefano Besoli, con saggi d’argomento tra fenomenologia e psicologia;

Spinozana, sul filosofo olandese;

– Città e paesaggio, incentrata su architettura e urbanistica;

Numerose sono le coedizioni in collaborazione con musei (come ad esempio il MAXXI) e associazioni e da non trascurare le riviste stampate da Quodlibet: Vedute (indagini e spunti sulla città contemporanea), EUtropia, L’ospite ingrato (del centro studi su Franco Fortini), Giornale di storia costituzionale e il semestrale Discipline filosofiche.


Ed ecco il momento di estrarre dal pozzo di questo cilindro, le cinque opere per noi più rappresentative, ovvero “quod libet nobis”:

Sovrapposizioni, di Gilles Deleuze e Carmelo Bene (2002), allucinazioni viziose e trascinanti dopo la messa in scena del Riccardo III a opera dello stesso Bene;

– L’uomo che dorme di Georges Perec (2009), educazione volontaria di uno studente all’assoluta indifferenza, al ciondolare senza desideri;

47 poesie facili e una difficile, di Velimir Chlebnikov (2009) , a cura di Paolo Nori;

Lezioni di fotografia, di Luigi Ghirri (2010);

– La tomba del tessitore di Seumas O’Kelly (2011), tavolozza di vecchi, di morte e d’amore dal genio più ignorato d’Irlanda.


Forse quindi, la prima definizione di Quodlibet, la tessitura di melodie eterogenee, non è poi così lontana dalla verità.

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