“Giovane e bella” di François Ozon
di Iacopo Accinni / 8 novembre 2013
L’adolescenza oggi fa scandalo, più che mai. Lo sappiamo bene, basta guardarsi intorno. Aprire un quotidiano e leggere fatti di cronaca sempre più pesanti e perversi, oltre il limite del buon costume. Essere giovani spesso brucia, tra incomprensione e solitudine. Giovane e bella (BIM Distribuzione, 2013) di François Ozon, proponendosi di indagare cosa passa nella mente di un’adolescente di oggi alla scoperta del corpo, potrebbe essere un buon film. Potrebbe riuscire a mettere in luce una realtà che ormai tanto nascosta non è più, o forse non lo è mai stata. A ciascuno il suo, di tempo.
Potrebbe essere brillante, Giovane e bella, nella sua dolcezza e nella sua tossicità. Le carte in tavola ci sono tutte, sin dalle premesse: una trama allettante da cui ci si aspetta molto, tra attualità e scandalo, un autore cult del cinema d’Oltralpe di questa generazione, una protagonista giovane e attraente. Eppure rimane un senso di incompiutezza, di un lavoro lasciato a metà. Con il suo film, presentato in concorso all’ultima edizione del Festival del Cinema di Cannes, Ozon cerca di intrufolarsi, cinepresa alla mano, nelle stanze chiuse a doppia mandata del mondo di una giovane della Parigi di oggi. Adolescenza, provocazione, prostituzione: una specie di climax destabilizzante in crudezza e facilità di costumi, nel nome di una morale che non riusciamo più a scovare in nessun angolo buio. Il sesso ormai non fa più scalpore.
La trama, pertanto, è alquanto semplice, una ragazza giovane e molto bella, Isabelle (Marine Vacth), decide di vendere il proprio corpo appena le capita l’occasione. Alla mattina è una timida studentessa, di pomeriggio una vera e propria donna, tra stanze d’albergo e appuntamenti al buio. La sera, tornata nei panni della brava figlia, diligente negli studi, sta a casa, il ruolo della diciassettenne che deve essere rispettato. Si prostituisce perché ci gode, le piace. Ne vuole dell’altro. Vuole provare e sperimentare, non abbandonare l’adolescenza che Rimbaud tanto decanta: «Nessuno è serio a 17 anni». I soldi si accumulano, niente viene speso. Isabelle non lo fa per dare sostanza a bisogni inappagati, né per sopravvivere. Le motivazioni sono ben altre, anche perché la famiglia di Isa è il classico nucleo borghese agiato e formalmente equilibrato. I Bo-bo (bourgeois) parigini. Qui, certe cose non possono succedere. È inimmaginabile.
Isa, o meglio Léa, come i suoi clienti sono soliti conoscerla, è il personaggio a cui François Ozon affida l’arduo compito di definire un’intera generazione. L’intenzione c’è, la sostanza però lascia a desiderare. Ozon tenta di reinterpretare un malessere sociale che non è da tener presente in modo superficiale e scontato. Il sesso messo in scena da Ozon nasconde una faccia della nostra società troppo ben mascherata, una omertà conoscitiva e visiva più vicina di quanto possiamo immaginare.
Diventare adulti, oggi, non è assolutamente cosa facile. Certezze e punti di riferimento tendono a sparire.
L’intento di un film come Giovane e bella è buono, manca però di sviluppo. Ozon non ci dà alcuna chiave di lettura, né di giudizio. Mostra tout court. Un film che ha radici ben salde incapaci, però, di trovare una continuità. Il rischio maggiore è quello di apparire scontato, e non è un rischio di poco conto né tanto meno un rischio evitato.
(Giovane e bella, di François Ozon, 2013, drammatico, 94’)
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