“Cuore di bestia” di Noëlle Revaz
di Serena Agresti / 28 novembre 2013
La prima pagina è sufficiente per entrare in un mondo a sé, anzi basta il primo rigo per capire di essere altrove, nella realtà semplice di un villaggio alpino, nella vita di un fattore rozzo con le sue vacche, uno stuolo di figli e la sua povera moglie malata.
Pubblicato in Francia nel 2002, vincitore, tra gli altri, del Prix Marguerite-Audoux e del Prix Lettres frontière, Cuore di bestia è stato stampato in Italia soltanto nel 2013. Il merito è della casa editrice Keller e della traduzione di Maurizia Balmelli, la quale ha sapientemente rispettato le sgrammaticature dell’originale e ricreato la stessa espressività di questo romanzo dalla fabula lineare, eppure ricco di suggestioni.
Cuore di bestia è un romanzo nuovo e antico, ti porta nel silenzio della montagna, dove il tempo è scandito dalla natura, dalle necessità della fattoria e tutto si ripete ritmicamente. Qualsiasi creatura deve attenersi alle regole del fattore Paul, convinto della liceità del suo dominio e della giustezza di ogni sua azione. Un’immobilità atroce, che però viene scossa dall’arrivo del bracciante Jorge, un vigoroso moro del Portogallo, con un largo sorriso sereno sul volto: figura rassicurante, che conquista tutti, persino Paul, ottuso e prevenuto eppure coinvolto nelle elucubrazioni dello straniero. Il loro rapporto interrompe la routine e il romanzo improvvisamente si accende in un confronto continuo fra i due, teso fra bisogno e insofferenza. A tratti sembrano trovare un equilibrio e Paul sembra avere un cuore, una sensibilità, come quella che dimostra per le sue bestie che si ammalano e muoiono inesorabilmente; ma sono attimi, momenti in cui speri che anch’egli possa uscire da quella stasi inumana e dimostrare tenerezza per la moglie, Vulva. Sì, Vulva, così la chiama, ed è fastidioso leggerlo, soltanto nella prima pagina viene ripetuto quattro volte: «La Vulva traccheggia, si strofina in un angolo e si asciuga in cucina», «la Vulva non pensa. Si addormenta da sola e mugugna la notte intera». Distrutta da una realtà che non tollera più, con un tumore curato esclusivamente grazie ai riguardi del bracciante, la donna non parla, i suoi interventi verbali nella storia sono rari e ridotti a strepiti, urla e sussurri dolenti. Così, quando l’estate finisce e il moro riparte col suo bagaglio di intelligenza, garbo, sensibilità, si ripiomba nella realtà ancora più immobile e soffocante e soprattutto inevitabilmente segnata, consapevole di nuove possibilità.
Noëlle Revaz ottiene un risultato eccezionale per questa storia semplice ricreando nella lingua il parlato contadino del semianalfabeta Paul. Una scelta coraggiosa e geniale che dà vita a una prosa rapida e a un linguaggio efficace, calando il lettore in quella casa triste, nella stalla, nel cortile, nella serra. L’io narrante è proprio lui, Paul l’inetto, Paul la bestia, che parla di sé in terza persona, altro espediente fondamentale per la riuscita di questo libro di valore.
Questa scrittrice, dal volto pulito e delicato, che non ti aspetti dopo aver letto il libro, ha racchiuso una complessità ruvida in un tutto apparentemente semplice ed elementare: questo è talento e il risultato è qualità.
(Noëlle Revaz, Cuore di bestia, trad. di Maurizia Balmelli, Keller, 2013, pp. 219, euro 14,50)
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