“L’artista” di Gabriele Romagnoli

di / 2 dicembre 2013

Quando le storie si intrecciano e nella lettura gli anni scorrono fin troppo rapidamente, dalla penna di uno scrittore molto probabilmente sarà uscito un ottimo risultato. Così nel romanzo L’artista (66thand2nd, 2013), il passato ha bisogno del presente per realizzarsi, e il futuro diviene l’unica cosa certa, in un turbinio di sensazioni ed emozioni. Il romanzo dello scrittore e giornalista Gabriele Romagnoli, pubblicato per la prima volta da Feltrinelli nel 2004, viene a illustrare e a rendere omaggio alla città di Bologna.

L’artista è il classico libro che vogliamo leggere per emozionarci e rilassarci allo stesso tempo. La storia, nella fattispecie una relazione potente e vera tra un padre e un figlio, si materializza ai nostri occhi in un buonissimo e avvincente romanzo temporalmente suddiviso in tre parti, in cui i dialoghi scorrono leggeri e sinceri. È uno di quei libri che scorgi aggirandoti per la libreria, finché quella copertina, il ricordo marinettiano in una silhouette apparentemente stilizzata, cattura la tua attenzione dall’alto dello scaffale.

La vicenda coinvolge tre figure. Un padre, un figlio e una misteriosa, singolare, magica figura… per l’appunto, l’artista. È un romanzo fatto da tre uomini (quattro con l’autore stesso), un viaggio intimo e personale che cattura, nero su bianco, il susseguirsi di tre generazioni, le loro interazioni, il loro rapportarsi con lo scorrere del tempo. L’artista non è il personaggio principale su cui è incentrato il lavoro di Romagnoli, bensì è il collante che amalgama la relazione intergenerazionale tra Remo, il padre, e il proprio figlio. Ed è così che “l’artista” appare sempre in tre momenti decisivi nella vita dei due uomini. Dapprima salva il padre da una fucilazione certa nella campagna emiliana durante l’occupazione, è il momento di resistenza della guerra partigiana. Qui l’elemento magico descritto dalla penna di Romagnoli è strabiliante e ben descritto. Poi, ricompare nel 1964, il giorno dello scudetto del Bologna, momento epico per la storia locale emiliana; per apparire, infine, una terza e ultima volta, quasi fosse una proiezione immaginaria, nel 1977, in quelle che sono ricordate come le tristi e sanguinose giornate di una Bologna in subbuglio e sconvolta dal terrore.

Romagnoli affresca delicatamente una storia locale, intrecciandovi bellissimi ricordi familiari e personali. Storie e ricordi di quelle che ormai vanno perdendosi e che tanto rimpiangiamo. Una memoria che va troppo rapidamente eclissandosi. Nella scrittura di Gabriele Romagnoli c’è tanto della prosa di Guccini, si intravedono parole sofferte e altamente vissute. Tre piani temporali che si sovrappongono e si intrecciano. Le descrizioni degli ambienti circostanti sono piccoli gioielli di letteratura, tra aggettivi ricercati e curati, con maestria di scrittura.

L’artista è l’attore non protagonista, pedina fondamentale per il susseguirsi degli eventi. Snob, eccentrico, incantato, è l’invenzione letteraria che consente all’autore di mediare in una relazione ben più profonda, come quella che lega un padre a un figlio: i tre insieme danno vita a una moderna Trinità. Con questo romanzo, Romagnoli affronta la vicenda ordinaria tra due persone, una relazione che però trova la propria coscienza, la propria consapevolezza esistenziale, grazie a questo deus ex machina che viene a muovere gli eventi circostanti. Gli accadimenti si sarebbero succeduti a prescindere dall’interposizione dell’artista. Tuttavia, la sua figura viene a rappresentare la presa di coscienza dell’agire umano combattuto tra affettività profonda e storia.

Un romanzo potente che indaga in modo delicato i temi sociali, politici e personali che tutti prima o poi ci siamo trovati ad affontare.

(Gabriele Romagnoli, L’artista, 66thand2nd, 2013, pp. 264, euro 16)

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