“Mondovisione” di Luciano Ligabue
di Piera Boca / 16 dicembre 2013
Prima c’erano stati i post su Facebook. Indizi messi qua e là sui temi, poi le foto con i titoli delle tracce seguiti da quiz e indovinelli. Infine il lancio in radio de “Il sale della terra” per introdurre il nuovo disco. Tutto questo ha scatenato la curiosità dei fan e ne ha aumentato le attese. Così finalmente il 26 novembre Luciano Ligabue è tornato con un disco di inediti, Mondovisione, a tre anni di distanza da Arrivederci, mostro!
E l’attesa è stata ripagata dai successi. Mondovisione, il decimo disco di inediti di Ligabue, infatti, da subito ha scalato le classifiche e si mantiene in alto: è l’album con le più alte vendite digitali, quello più venduto nel 2013 ed è già certificato disco di platino; tutto questo è un record se consideriamo che è uscito da soli venti giorni. Ligabue non ha evidentemente deluso le aspettative dei suoi fan. Si guarda la copertina, si vede un mondo accartocciato come fosse una pallina di carta e si pensa un po’ al logo della Universal, un po’ a Carosello. Capiamo subito che si tratta di un disco in cui Ligabue canta, come suggerisce il titolo, la sua particolare visione del mondo e anche un po’ la sua nostalgia per qualche momento del passato. È un lavoro diverso già dalla produzione, affidata stavolta a Luciano Luisi, che dal 2008 è anche il tastierista della band che accompagna Ligabue.
Si diceva, o almeno così si era interpretato dalle parole dello stesso Ligabue, che questo sarebbe stato un disco politicizzato. Così, per fortuna, non è stato. Non c’è politica nelle 14 tracce di Mondovisione (12 brani e 2 strumentali); c’è rabbia per i tempi bui, c’è indignazione per un Paese lasciato lì a sopravvivere, ci sono rimpianti di cose sfuggite, ricordi di affetti, di amori; c’è, e non manca mai nel Ligabue più tosto di ieri e in quello più soft di oggi, quel piccolo tocco di speranza che serve a guardare meglio verso il futuro. Insomma, nonostante il cambio di look, i temi sono quelli di sempre. Quello che c’è di diverso in Mondovisione è più che altro, oltre alle contaminazioni elettroniche venute meno, un adeguamento ai gusti giovanili del momento: purtroppo, ci si è allontanati da quella superlativa commistione di generi e ritmi che era stata Arrivederci, mostro! con il suo rock, il pop, le sue ballate.
Troviamo indignazione accompagnata da atmosfere rock nelle tracce “Il sale della terra” e “Il muro del suono”«dove il capitano che fa l’inchino e gli avvocati che alzano il calice al cielo» sono evidenti richiami all’attualità. Brani scritti, come ha detto lo stesso Ligabue, «contro chi succhia denaro, potere e fiducia al prossimo». Ci sono poi le riflessioni personali e quelle sull’amore: così nel brano più pop “Siamo chi siamo”, con il suono di un bouzouki introduttivo, dove si citano Dante e Carducci; così anche ne “Il volume delle tue bugie”, canzone più classica che abbraccia ritmi folk e racconta della visione d’amore che cambia dopo una delusione.
C’è il Ligabue delle ballate in “La neve se ne frega”, brano che ricorda palesemente uno dei romanzi di Ligabue che porta lo stesso titolo e in “Tu sei lei”, secondo singolo andato in radio, un classico brano d’amore, decisamente commerciale. “Capo Spartivento” e “Il suono, il brutto e il cattivo” sono i due brani strumentali messi lì nei punti giusti «per dare respiro all’ascolto», come ha detto il cantautore emiliano. Il primo ha il nome del posto in Sardegna in cui Ligabue ha gettato le basi per il disco insieme alla band; il secondo richiama i suoni western.
“Nati per vivere (adesso e qui)” e “Con la scusa del rock’n’roll” sono brani rock decisamente ritmici, positivi e leggeri. “La terra trema, amore mio” e “Per sempre”sono due canzoni d’amore. La prima, molto personale, scritta dopo il terremoto in Emilia, è un brano lento che, dopo il dolore della distruzione, guarda al futuro e al coraggio di ricominciare. La seconda, con i suoi giochi di ritmo e il suo breve assolo di chitarra, abbraccia l’amore puro, soprattutto quello familiare che ci portiamo sempre dentro. Anche “Ciò che rimane di noi” è una canzone molto personale, dai toni forti e decisi, sul dolore dopo un amore finito, su quello che rimane. Il disco si chiude con l’arrangiamento complesso e ben riuscito di “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo”, testo positivo e di speranza.
È un album molto attuale Mondovisione, dal punto di vista musicale, nei generi e nei temi; ma forse, dopo Arrivederci, mostro!, si poteva fare di più.
(Luciano Ligabue, Mondovisione, Zoo Aperto, 2013)
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