“Albert Camus. Una vita per la verità” di Virgil Tanase
di Daniele De Cristofaro / 17 dicembre 2013
L’avere a che fare con un pensatore come Camus, uno degli autori più importanti del Novecento, richiede il confrontarsi con la ricerca della verità, come suggerisce del resto il sottotitolo del libro di Virgil Tanase, aggiunto all’edizione italiana e assente in quella originale: Una vita per la verità. È appropriato richiamare il concetto di verità per quanto riguarda la vita e l’opera di Albert Camus poiché esso rappresenta, quando è “autentico”, un’istanza scomoda e spesso latitante nella storia del pensiero. Con ciò intendo dire che la verità, più che difficilmente raggiungibile è decisamente spesso scomoda, inaspettata e a volte sconvolgente. Nondimeno lo stesso Camus, nel Mito di Sisifo, afferma: «Cercare ciò che è vero, non significa cercare ciò che è desiderabile». Al di là dell’ideologia politica, delle prese di posizioni irrevocabili, dello stereotipo del pensatore engagé, la vita di Albert Camus è caratterizzata dalla ricerca instancabile della coerenza, all’insegna dell’onestà politica e intellettuale.
Il percorso che ci conduce sulle tracce della verità è naturalmente tortuoso e pieno di dubbi, ed è infatti il dubbio il motore, la spinta insita, per la ricerca della verità. Un dubbio da cui Camus sarà sempre tormentato e che lo renderà costantemente insicuro circa le sue vocazioni di scrittore e di pensatore. Camus infatti considera la gloria e il successo a lui riconosciuti come immeritati: perfino il premio Nobel per la letteratura non riuscirà a scalfire le riserve sulla propria vocazione.
Con uno stile a volte telegrafico e talora narrativo, Virgil Tanase ci restituisce l’immagine di un uomo che per tutta la vita non ha mai accettato il compromesso, che non ha temuto di rimanere isolato ed emarginato da una folta schiera di intellettuali faziosi: «So che per un uomo libero non c’è altro futuro che l’esilio o la rivolta sterile». E libero Camus lo era veramente, ma a caro prezzo poiché era immischiato suo malgrado in una situazione politica in cui chi non aveva il coraggio di portare avanti le proprie convinzioni era costretto a cambiarle per poter vivere.
La rivolta di Camus, lungi dal degradarsi divenendo rivoluzione, si innesta più che altro sulla ricerca di senso, basata sulla convinzione antimarxista che l’individuo non può essere ridotto a una funzione da agente economico all’interno della lotta di classe. Lo scrittore algerino si rifiuta inoltre di «situare la sua salvezza [dell’individuo] in un progresso che si soddisfa di beni materiali senza porsi domande sul senso dell’esistenza». Una presa di posizione, questa, che lo rendeva nemico sia dei partigiani della libera impresa che dei comunisti, in quanto la posta in gioco tra queste due fazioni consisteva nei beni materiali. Per Camus invece vi è qualcosa di più importante e che trascende la mera conservazione della specie o la comodità e il benessere materiale dell’individuo: la sua insistenza sulla ricerca di un senso dell’esistenza restituisce all’uomo la sua dignità di essere, al di là di tutte le ideologie politiche che tentano di farne un ingranaggio nel processo rivoluzionario che, nella visione del pensatore algerino, porterà soltanto a nuove forme istituzionalizzate di oppressione.
(Virgil Tanase, Albert Camus. Una vita per la verità, trad. di Alessandro Bresolin, Castelvecchi, 2013, pp. 284, euro 22)
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