Hacca: l’acca-ttivante editoria di provincia
di Cristiana Saporito / 11 marzo 2014
Era il 2007. Avevo appena debuttato dietro il punto info di una nota libreria. E cominciavo a raccogliere perle.
Richieste carpiate di clienti che pretendevano titoli senza conoscerli, che anelavano con forza un oggetto del tutto nebuloso, senza autore né trama, dove solo un geco in copertina (o forse un capitone, chissà) aveva attizzato una curiosità letale. Spesso si brancola per minuti di illazioni prima di carpire un sintomo di appiglio.
Un volta mi fu domandato: «Vorrei un libro di uno scrittore giovane, italiano mi pare, e una parola chiave potrebbe essere “vita”». Inutile specificare che anche quell’indizio si rivelò assente. Ma poi il ragazzo proseguì: «La casa editrice si chiama Hacca con l’h. Cioè non scritto semplicemente lettera acca, ma proprio letteralmente acca, appunto con l’h». Saremmo potuti restare incagliati per mezza giornata.
Ma fortunatamente, quel piccolo editore, nato appena un anno prima, lo avevo già notato. La sua è una storia volutamente periferica, distante dalle mosse centripete delle grandi realtà come Roma e Milano. Una storia che esige ancora più sforzo per salire a galla. E ovviamente restarci.
Hacca si affaccia sulla scena a Matelica, vicino Macerata, nel 2006, come costola della Halley editrice, incentrata sull’editoria professionale. La volontà, come afferma la stessa Francesca Chiappa, a capo della direzione editoriale, è fin da subito quella di «pubblicare narrativa contemporanea, soprattutto italiana, con uno sguardo privilegiato verso autori emergenti, in un momento in cui il mercato non incoraggiava ancora la pubblicazione di esordienti». Due anni dopo affiora la scelta di accostare al panorama attuale anche autori del Novecento ingiustamente accantonati e quindi sfrattati da ogni libreria.
La mission, energicamente perseguita, intende costruire un dialogo intorno ai libri realizzati, estendendo di volta in volta il dibattito a interlocutori differenti, perché dallo scambio di contributi e prospettive, soprattutto se spinosi e un po’ scomodi, può derivare un percorso inaspettato e un risultato originale.
In tempi tutt’altro che soffici per l’editoria, soprattutto di dimensioni più ristrette, la sola reazione opponibile alle spallate del mercato è la qualità. E Hacca lo sa. Decidendo, a fronte della saturazione a opera dei grandi gruppi, di pubblicare dieci libri l’anno e di proporre un’accuratezza redazionale che la contraddistingue. La grafica, minimalista ed elegante col suo bianco spesso prevalente, è affidata a un professionista come Maurizio Ceccato, che per ogni pubblicazione invita il lettore a intuire il libro, a conoscerlo ancor prima di averlo aperto. Inoltre i temi affrontati e gli stili narrativi sono frequentemente destinati a scuotere opinioni, anche a provocarle. Sempre dalle parole di Francesca Chiappa: «La nostra non è certo una letteratura consolatoria». Il suo obiettivo è sfidare, mettere in crisi, indurre allo scontro. Catalizzare una collisione con verità taglienti, rappresentate da autori come Alcìde Pierantozzi o Massimiliano Santarossa.
Il catalogo si compone di tre collane o direzioni di senso:
– Novecento.0, diretta da Andrea Di Consoli e volta al recupero di scrittori non più stampati, come Giuseppe Bonura e Luigi Davì. Perché evolvere vuol dire non dimenticare, preservare uno sguardo ampio, multifocale, che si slancia lontano perché ricorda ciò che lo precede.
– Narrativa italiana e straniera, imperniata «sugli attuali e potenziali immaginari che rispondono alla complessità del nostro esistere contemporaneo». Tra le varie firme annoverate, quelle di Vasile Ernu e Andrea Caterini.
– Saggistica, declinato come «reportage narrativo, che tratta temi e urgenti istanze globali pubblicandone l’aspetto meno conosciuto della cronaca dei fatti, l’aspetto umano e critico, distillato dalle esperienze, riflessioni e ricordi dei maggiori protagonisti del giornalismo e della cultura nazionale e internazionale, impegnati da sempre al servizio dell’informazione».
Di seguito, come sempre nel nostro appuntamento, i titoli Hacca in cui siamo rimasti intrappolati:
– Fototessere del delirio urbano, di Antonio Veneziani. Racconti-pugnale, pubblicati per la prima volta nel’94 dalle edizioni Il Segnale. Irriverenti, acidi, in bilico tra universi in guerra. Lapidi del quotidiano, dove il cinismo è il primo alfabeto.
– Tempi stretti, di Ottiero Ottieri. Grande esempio di letteratura industriale, apparso nel’57 all’interno della collana Einaudi I Gettoni, diretta da Vittorini. L’ossessione produttiva comincia a farsi strada, l’affanno della fabbrica diventa quello dei rapporti umani, in un’Italia che scalpita per crescere. O per distruggersi.
– Non capisco un’acca, di Maurizio Ceccato. Acrobazia letteraria. Gioco, esperimento linguistico in cui si ipotizza un vocabolario di soli lemmi contenti la particella “acca”. Vertigine di filastrocche e rebus, da far acca-pponare anche quelli più increduli.
Il resto degli acca-dimenti, perciò, aspetta solo di essere sfogliato.
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