“Non buttiamoci giù” di Pascal Chaumeil

di / 20 marzo 2014

Presentato in anteprima mondiale all’ultima edizione del Festival di Berlino, Non buttiamoci giù è il quinto romanzo di Nick Hornby a venir trasformato in film per il cinema (About a boy ha avuto anche una versione televisiva ed è diventato serie tv per la NBC).

Quattro sconosciuti si ritrovano per caso sul tetto di un grattacielo di Londra la notte di Capodanno. Hanno tutti lo stesso scopo: suicidarsi. Ognuno ha un motivo valido per farlo. Martin, conduttore televisivo, è stato travolto da uno scandalo sessuale con una minorenne e ha perso tutto, dal lavoro alla famiglia; Jess, adolescente travagliata, ha perso una sorella che è semplicemente sparita un giorno e da allora non riesce più a capirsi con il padre, politico di punta dell’opposizione parlamentare; Maureen vive per suo figlio disabile e non ce la fa più a non ricevere amore; Jess è un musicista fallito finito a consegnare pizze a Londra dagli Stati Uniti. Il loro incontro casuale li spinge a rinunciare all’intento suicida e cercare, insieme, di trovare nuovi stimoli per vivere. Stringono un patto per non suicidarsi nelle successive sei settimane, fino al giorno di San Valentino, per decidere poi cosa fare di loro stessi.

C’è una forza nel romanzo di Nick Hornby, produttore esecutivo del film, che regge Non buttiamoci giù: la capacità di trattare con la giusta dose di umorismo nero un tema difficile come il suicidio e la volontà di morte. Hornby era riuscito nel libro del 2005 a trovare un equilibrio tra narrazione e riflessione sulla solitudine e disperazione che aveva garantito al romanzo la leggerezza malinconica che contraddistingue gran parte del lavoro dello scrittore inglese. Lo sceneggiatore Jack Thorne (tanta televisione, anche di successo, da Skins alle serie di This is England) e il regista Pascal Chaumeil (che pure si era fatto notare per leggerezza con Il truffacuori) non riescono proprio nell’intento di mantenersi sanamente cinici parlando di suicidio e finiscono per virare verso il più semplice e consolatorio dei buonismi.

Instabile e incoerente sin dalla scelta narrativa, che divide il film in un capitolo per personaggio con focalizzazione che si sposta a seconda della voce narrante, Non buttiamoci giù vanifica il materiale di partenza sviluppandosi fiaccamente verso un finale sereno che poco ha a che vedere con il romanzo e guadagnando di diritto la seconda posizione tra le trasposizioni cinematografiche meno riuscite del lavoro di Hornby (al primo posto è stabile È nata una star? nell’inopportuna versione di Lucio Pellegrini). Il film di Chaumeil, però, non risulta non riuscito solo rispetto al suo precedente letterario. È un film che non funziona nella sua interezza e nella sua autonomia. La maggiore debolezza è nella sceneggiatura, didascalica nei dialoghi, superficiale nella caratterizzazione dei personaggi. Nonostante il buon lavoro degli interpreti (Pierce Brosnan, Toni Colette, soprattutto Imogen Poots nei panni di Jess, mentre Aaron Paul fatica a scrollarsi di dosso il Pinkman di Breaking Bad) i quattro aspiranti suicidi sono piatti nella loro disperazione carica di stereotipi e appaiono come staccati, distanti, a parte rispetto alla trama specifica del film. Perché il contrasto che stride e non fa funzionare Non buttiamoci giù è proprio quello tra una storia che meriterebbe una narrazione adeguata, rispettosa del fondo drammatico della scelta di lanciarsi da un grattacielo e una confezione, uno stile di narrazione appunto, che non si discosta dai canoni della più convenzionale delle commedie con leggere venature drammatiche. Chaumeil e Thorne oscillano alla ricerca di un’espressione adeguata, barcollando tra i registri (iniziano sulla commedia nera, terminano in pieno buonismo) senza soluzione di continuità.

Senza l’umorismo di Hornby, quello che resta è uno spunto di partenza interessante e originale lasciato sviluppare nel più scontato e rassicurante dei modi.

 

(Non buttiamoci giù, di Pascal Chaumeil, 2013, commedia, 96’)

 

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