Jonathan Wilson @Auditorium Parco della Musica, 12 aprile 2014
di Simone Mercurio / 22 aprile 2014
Quelli bravi la chiamano “retromania”, questa tendenza di giovani artisti a ripercorrere – per impossessarsene e renderle proprie – sonorità, ritmiche, modalità di far musica degli anni d’oro del rock. Novelli “figli dei fiori”, hippie arrivati dritti dritti con la macchina del tempo dagli anni ’70, Jonathan Wilson e la sua band si sono presentati sul palco del Parco della Musica, per uno spettacolo all’interno della ricca rassegna Ausgang.
Quando nel 1974 Jonathan Wilson nasceva, i Pink Floyd avevano appena pubblicato The Dark Side of The Moon ed era in elaborazione l’immortale Wish You Were Here. Capolavori che chi scrive ha sentito più volte evocati durante il concerto dell’Auditorium.
Originario di Forest City, in Nord Carolina, le biografie ufficiali narrano di un piccolo Jonathan che cresce circondato dalla musica: suo nonno è un predicatore della chiesa battista, mentre suo padre è un musicista. Appena ventenne esordisce in una band che si chiama Muscardine con la quale pubblica un suo primo disco. Poco dopo, siamo al 1999, entra davvero in una comunità hippie californiana e muove i primi passi nel mondo della musica ufficiale diventando prima tecnico del suono e poi produttore di vari artisti come Elvis Costello e Jackson Browne.
Buoni maestri che generano buoni frutti in Wilson, il quale nel 2007 pubblicherà il suo primo disco solista Frankie Ray (Koch Records), seguito nel 2009 da Gentle Spirit con l’etichettaBella Union. Con la stessa label Wilson ha pubblicato lo scorso anno lo splendido Fanfare, sicuramente uno dei dischi più belli e interessanti in un’ipotetica top ten delle uscite discografiche del 2013.
Lo show del songwriter americano inizia proprio con il suono del pianoforte della title track di quest’ultimo lavoro. Un live preceduto dagli interessanti e italianissimi Dead ShriMp.
Fanfare e i suoi tredici brani fanno da ossatura a tutto il concerto di Wilson. È la prima volta a Roma per il musicista statunitense. E ci tiene a sottolinearlo. In uno dei pochi momenti di loquacità oltre agli scontati «Thank you so much»Wilsonfa i complimenti alla struttura (la Sala Sinopoli nello specifico) che lo ospita: «Un ottimo posto per fare musica», dice. Secondo e terzo pezzo in scaletta due cover “Fazon” della storica hippie band Sopwith Camel e “Angel” dei Fleetwood Mac.
La band che accompagna Wilson è straordinaria. A cominciare dalla batteria perfetta di Richard Gowen fino al capelluto bassista Dan Horne, alla tastiera Hamond di Jason Borger e alla chitarra (e voce) di Omar Velasco, praticamente co-frontman dello spettacolo insieme a Wilson.
Canzone dopo canzone, il pubblico (di tutte le età: dai trenta ai settanta) si esalta e sottolinea gli assolo alla chitarra di Wilson che spazia nel vasto repertorio americano di un genere del quale si è appropriato, e che è ormai suo. A cominciare dal look con capello lungo e barbetta in stile Ted Neeley in Jesus Christ Superstar e camicione (spolverino) d’ordinanza.
Di livello eccelso è l’esecuzione della splendida “Dear Friend”. «Stucchevole e patinata» ha commentato qualche addetto ai lavori. Semplicemente bella ed elegante ci permettiamo di obiettare noi. “Desert Raven” (omen nomen) evoca deserti e Grand Canyon, mentre la struttura acustica di “Magic Everywhere” con la sua chitarra classica amplificata è nel perfetto spirito del songwriter made in Usa, tra Dylan e Graham Nash.
Quest’ultimo, tra l’altro, ha collaborato in Fanfare con Wilson, insieme ad altri nomi eccellenti come Roy Harper, David Crosby, Josh Tillman e il già citato Jackson Browne.
L’esecuzione dei brani dal vivo supera per durata quella delle versioni da studio e la band dà il suo meglio esaltandosi in lunghe jam che “dimenticano” il refrain portante dei singoli brani per poi tornare all’improvviso a chiuderli. Dopo quasi due ore di show i bis, acclamati a gran voce, con la cavalcata dylaniana “Love to Love” e la chiusura con “The Way a Feel”, cover della star del country canadese Gordon Lightfoot . Ritorno al passato? Retromania? No. Solo grande musica senza tempo. Questo è Jonathan Wilson, signori.
Jonathan Wilson
12 aprile 2014
Auditorium Parco della Musica, Roma
in collaborazione con Ausgang
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