“Cazzimma” di Stefano Crupi

di / 26 giugno 2014

Sisto corre a casa di Profumo: Cavallaro sa tutto. C’è da decidere il da farsi, e la cocaina aiuta. Profumo cerca di ragionare, è tranquillo, «si fa una pista e Sisto con lui. Cazzo se ne ha bisogno!». Poi realizza, e «adesso sembra di essere fottuto anche a lui che fottuto non si sentiva».

La fatalità spesso la si innesca, è sufficiente marcare un po’ e inconsapevolmente la mano per oltrepassare quella linea invisibile oltre la quale non si è più padroni delle proprie azioni. Come una palla che prende una traiettoria imprevista. Ma il calcio gliel’hai dato, vuoi per noia, vuoi per rabbia. Vuoi perché ti senti sicuro di te: te la metto lì. Ma così non è, capita che quella palla si perda, e ciao, tutti a casa.

E in Cazzimma (Mondadori, 2014) a casa, sani e salvi, torneranno davvero in pochi.

Sisto corre sul suo scooter, dribbla gli ostacoli con velocità prodigiosa, raccatta Profumo, spacciano coca: la vita è bella. Siamo però a Napoli, e nel quartiere il boss è Cavallaro, che prende da parte i due e illustra loro che cosa voglia dire saper campare. Se Sisto vorrà continuare ad aggirarsi per le strade di questo mondo, dovrà porre fine una volta per tutte alle stronzate di Profumo. Tutto ha un prezzo. Quindi Sisto ha una pistola in mano. La punta su Profumo, già mezzo morto a terra.

Non è che Sisto se la cavi perché sia speciale: è solo il nipote di Antonio, e Cavallaro ha fiducia in Antonio, da sempre. Se non hai cazzimma, nella «città maledetta» ti passano sopra.

C’era un ragazzo che tutti chiamavano Hamsik, un mostro col pallone. Un giorno chiede a Sisto di chiedere allo zio di chiedere a Cavallaro di far qualcosa, lui sa solo giocare a calcio, vuole la primavera del Napoli. Va bene, dice Cavallaro. Però Hamsik mi deve ospitare a casa un amico che viene dalla Sicilia. E così fu che Hamsik ospitò e in breve strangolò quel bastardo di siciliano, che voleva fare il padrone a casa sua. E di Hamsik e della madre non si seppe più nulla. Mai più. Ogni tanto qualcuno ne parla nel quartiere, e tutto muore lì.

Sisto è adesso a Prato, perché ha sbagliato, perché deve starsene lontano dai casini. Lavora in fabbrica, conosce Carmela. Si innamorano. Sisto tornerà però a casa, per pareggiare i conti con la propria coscienza, resa ora più viva dall’amore. E a casa, a Napoli, i colpi di scena. Alle volte basta volerle, le cose, e agire.

Ciò che stupisce di questo primo romanzo di Stefano Crupi è l’apparente facilità con la quale l’autore precipita il lettore nell’ambientazione: Napoli, prima ancora che una città, è un concetto dalla prepotente forza figurativa. Mise en abyme. Curzio Malaparte ne aveva già subito tutto il fascino; ma la guerra in città – e la storia lo neghi pure – non è mai finita: a che cosa si resiste ancora, oggi, a Napoli?

Crupi, giornalista, osserva. E non blatera: racconta. Rende visibile. E questo è un indiscutibile merito. Perché se non vedi, non credi. Se non vedi, dai fiato alla bocca. E quando l’aria è viziata bisogna pur aprire le finestre, te lo insegnano sin dall’asilo. Poi sta a te.


(Stefano Crupi, Cazzimma, Mondadori, 2014, pp. 250, euro 16)

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