“Mistaken For Strangers” di Tom Berninger
di Luigi Ippoliti / 22 luglio 2014
Matt e Tom Berninger sono due fratelli. Il primo è il leader di una delle band al momento più influenti al mondo, i National. Viene riconosciuto per strada, ha una moglie, una figlia e una bella casa a Brooklyn. Tom, più giovane di diversi anni, è un regista sconosciuto con all’attivo due horror amatoriali, Dirt Under His Nails e Wages of Sin, è visibilmente in sovrappeso e vive con i genitori nella loro casa a Cincinnati, Ohio. Se fosse stato uno dei commessi di Clerks non avrebbe stranito più di tanto. In più non ama la musica del fratello, definisce l’indie rock come «pretentious bullshit». Lui ama l’heavy metal.
Matt decide di coinvolgere Tom nel tour promozionale di High Violet (2010), il quinto album della band americana, come roadie. Non dovrà fare altro che portare cibo, da bere e asciugamani ai membri della band, occuparsi della lista degli ospiti e fare qualche video per il sito. Ma Tom ha altre intenzioni: sfruttare l’occasione per avere del materiale da cui ricavare un film documentario sui National stessi. Il risultato è Mistaken For Stranger (2013), che in Italia uscirà per un solo giorno al cinema, il 24 luglio, nell’ambito del Cinema Rock Festival; un lavoro atipico che più che un documentario su un gruppo musicale sembra il tentativo di auto-analisi di Tom Berninger per capire a che punto è la sua vita e quale direzione sta prendendo. E per capire quanto l’ombra del fratello maggiore abbia influenzato la sua esistenza, le sue scelte e le sue non scelte.
Che poi quel fratello sia Matt Berninger dei National risulta quasi secondario.
Il tour inizia, spezzoni dei concerti a Berlino, Londra e Parigi. Tom è sempre lì con la sua telecamera a riprendere qualsiasi cosa. Non si fa alcuno scrupolo quando Matt è in bagno a sciacquarsi la faccia per rilassarsi. Lui si avvicina ancora di più e gli chiede come va. Matt vuole solo due minuti di tranquillità. Niente, non si stacca e Matt se ne va innervosito. Tom non si fa mai scrupoli e questo sembra mettere a disagio un po’ tutti. È fastidioso, un bambinone in cerca di attenzioni. Sembra che venga sopportato mal volentieri dal gruppo e che provino a sopportarlo: in fondo è il fratello del leader. Si prestano alle sue interviste sconclusionate, alle sue richieste senza senso – come quella di guardare intensamente verso la telecamera dicendo «aspettate un secondo» per nessun motivo. Un peso, una di quelle presenze di cui non sai come sbarazzarti. Vaga in questo mondo fatto di partenze e arrivi, viaggi interminabili, sbronze, cercando di piacere a tutti, facendo domande che possano infantilmente mettere Matt in cattiva luce. E Matt se la prende con lui perché beve troppo, deve darsi una calmata perché è sempre su di giri, e allora lui guarda verso la telecamera e bisbiglia un «è lui che beve sempre» (ed è davvero difficile dargli torto).
Si vola verso gli Stati Uniti: Los Angeles, Madison (concerto in piazza subito dopo un comizio di Obama), Cincinnati. È qui, in Ohio, che si arriva al cuore dell’epica familiare dei Berninger: l’intervista ai due genitori, Nancy e Paul. Si parla delle differenze tra i due, i loro pregi e i loro difetti filtrati da chi li ha cresciuti. La madre dipinge, mostra alcuni suoi quadri mentre parla dei due figli con palese trasporto. Il padre è un artigiano, sembra più distaccato.
Nel frattempo Tom perde la lista degli ospiti a un concerto, dice di averla lasciata sotto il computer, ma non c’è più, e questo genera ulteriore nervosismo attorno a lui. Fino a quando non sparisce senza motivo per diverse ore facendo ritardare la partenza di tutti. Viene licenziato dal fratello famoso, i giochi sono finiti.
Sei mesi dopo, Matt lo chiama invitandolo a finire il film da lui, a Brooklyn. Qui il clima sembra più disteso, il cantante dei National sembra più rilassato. Si scherza di più. C’è tempo per la proiezione di parte del film – una meta-visione del film –, di capire a che punto è arrivato il fratello un po’ strano di Matt. Ci sono dei problemi tecnici durante la proiezione, le immagini scompaiono, ma il gruppo sembra colpito.
Un ritratto familiare goffo, ma incredibilmente umano e sincero, come spesso goffe sono le relazioni familiari, tra genitori e figli, molte volte tra fratelli. La stupida normalità, la routine delle cose di famiglia. Le tensioni covate per una vita che spesso rimangono dentro generando incomprensioni fanno da scenario a queste due figure che sembrano (ma lo sono, in fondo?) così distanti tra di loro pur avendo lo stesso codice genetico.
A supporto di un discorso sulla famiglia profondamente intimo, le canzoni dei National, da Boxer ad High Violet, passando per alcuni brandelli di quello che poi sarebbe stato Trouble Will Find Me. A pensarci bene, non deve essere facile avere a che fare con l’ombra di un fratello del genere.
(Mistaken For Strangers, di Tom Berninger, 2013, documentario, 80’)
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