“Bravi & Camboni”
di Paolo Piras
Un’epica minore del Cagliari
di Francesco Vannutelli / 16 gennaio 2015
Il calcio non è solo gloria e trionfi. Il calcio è anche, o soprattutto, sudore e fatica e (piccole) sofferenze continue di chi lo gioca e di chi lo guarda. Perché dietro ai campioni, ai bravi, ci sono i camboni, gli scarsi in dialetto cagliaritano, i giocatori tristi che non hanno vinto mai, quelli che fanno infuriare il pubblico e che finiscono per essere ricordati per sempre, comunque.
Paolo Piras, giornalista del Tg 3, ha raccolto le storie dei Bravi & Camboni (Egg edizioni, 2014) della squadra di cui è tifoso, il Cagliari. Squadra di poche glorie nella storia del calcio, ma di grandissimo tifo e di tanti, troppi giocatori passati senza lasciare traccia se non il ricordo dell’illusione dell’affare. Perché, per definire un bidone, Piras fornisce una formula precisa: «tra le unità di misura del bidonismo si contano l’entità della spesa e il richiamo iniziale del nome, direttamente proporzionali alla delusione finale». Maggiore l’attesa e maggiore la spesa, quindi, e inevitabilmente maggiore la possibilità della delusione.
Nel 1982, per fare un esempio, arriva a Cagliari Waldemar Victorino, attaccante uruguayano di meno di un metro e settanta soprannominato in patria El Piscador, il pescatore. L’anno precedente, durante un incontro tra Italia e Uruguay per il Mundialito, una competizione amichevole tra le squadre vincitrici della Coppa del Mondo, aveva fatto impazzire il suo marcatore Collovati. In patria era un idolo. Quindi, quando il presidente Alvaro Amarugi riuscì a portarlo in Sardegna c’era, giustamente, una certa attesa. Quell’anno era arrivato anche Julio César Uribe, El Diamante Negro, fantasista peruviano che in America Latina era considerato secondo solo a Maradona e Zico. C’era di che sognare, magari non lo scudetto, ma comunque di vedere l’Europa. Del Piscador si diceva che avesse segnato 620 gol in carriera. Aveva già trentatré anni, ma era un campione, o almeno si credeva. Piras racconta che durante la sua prima partita di preparazione contro il Tasinanta calcio, non esattamente un’eccellenza del pallone, Victorino segnò tre degli undici gol del Cagliari. A fine partita fu sentito dire «E con questi sono 623 in tutto», frase che proiettò una certa inquietudine tra i più (non vale contare i gol delle amichevoli, lo sanno tutti, contano solo quelli nelle gare ufficiali). Nel suo unico anno in Italia segnò un solo gol, contro la Roma, ma di mano, annullato e ammonito, quindi. La sua voracità sotto rete lo portava a fare solo confusione. Passò la maggior parte del tempo in panchina, giocò dieci partite in tutto. Iniziarono a circolare delle storie, che quel Victorino arrivato a Cagliari non fosse Waldemar, ma il fratello scarso.Venne ceduto in Argentina a fine stagione, quando il Cagliari precipitò in B, altro che Coppa Uefa. Il suo compagno di meraviglie, Uribe, resiste altri due anni, ma con Maradona e Zico l’unica cosa che ha in comune sembra essere il continente di provenienza. Anzi, con la maglia della nazionale peruviana ha avuto l’occasione di fare una diversa storia del calcio. Perché il 30 giugno del 1985 il Perù si è giocato con l’Argentina la qualificazione al mondiale dell’anno successivo, quello in Messico che Maradona ha praticamente vinto da solo. In quella partita è proprio Uribe ad avere sui piedi l’occasione per far vincere il Perù, farlo accedere al mondiale ed eliminare l’Argentina. Ed è proprio Uribe a sbagliarla, e a far uscire il Perù, far accedere l’Argentina e ad avviare il cammino della vittoria albiceleste.
Sono queste le storie che racconta Paolo Piras, piccola mitologia del calcio solo apparentemente minore. C’è spazio per la gloria di chi il Cagliari l’ha fatto grande davvero, in quella stagione 1969-1970 dell’unico scudetto rossoblu, per Riva e Greatti, che scelse di non essere libero (di ruolo) e fece la gloria del compagno Pierluigi Cera, per i «chilometri di sigarette» dell’allenatore Manlio Scopigno e per la vulcanologia del presidente Amarugi. C’è il principe uruguayo Francescoli, il giocatore che ha sempre ispirato Zidane, e chi ha dovuto aspettare la fine della carriera per indossare la maglia della squadra che ha sempre tifato, Gianfranco Zola.
Non bisogna essere tifosi del Cagliari per apprezzare Bravi & Camboni, non è affatto necessario. Piras butta giù profili di autentici nessuno della storia del calcio e di grandi campioni con la stessa ricetta di ironia e umanità, di passione e disincanto. E alla fine ci si trova a tifare un po’ per il Cagliari.
(Paolo Piras, Bravi & Camboni, Egg edizioni, pp. 248, euro 14)
LA CRITICA
Un’epica minore. Si legge questo sulla copertina di Bravi & Camboni. Ma di minore non c’è niente. Una galleria di campioni, meteore e delusioni della storia del Cagliari calcio e tutta l’ironia e la sofferenza di chi ha patito e gioito assieme a Fabian O’Neill, Logozzo, Langella. Perché come scrive Gianni Mura nella prefazione, «il tempo è galantuomo, ma anche i giornalisti, volendo, possono esserlo».
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