“Fantasmi” dei Fantasmi

Ottimo esordio per i fantasmi, tra Strokes e Verdena

di / 13 febbraio 2015

Avevamo già parlato, in parte, dell’album Fantasmi dei Fantasmi, gruppo romano nato dalle ceneri dei Kamchatka. A ottobre, la Bravo Dischi aveva fatto uscire uno split EP di promozione dei propri primi tre gruppi prodotti: due brani a testa per Mai stato altrove, Joe Victor e, appunto, i Fantasmi. Le sensazioni erano di un potenziale buon prodotto e, a qualche mese di distanza, l’album d’esordio del gruppo capitanato da Alessandro Lepre (che è anche metà del duo acustico The Shalalalas) non fa che confermarle.

Tra Verdena, The Strokes, elementi di elettronica ben calibrati all’interno dei nove brani, Fantasmi è un album che fa perno su un linguaggio narrativo semplice – per quanto semplice possa essere un termine ambiguo, in questo caso ci troviamo in una narrazione che ha un immediato riscontro razionale, ma che nasconde, ascolto dopo ascolto, sub strati che emergono con forza ma che, ed è qui l’aspetto cruciale, non straborda da un certo limite in cui i Fantasmi hanno deciso di far viaggiare il loro album d’esordio – e l’interpretazione stessa dei testi. E l’interpretazione di quello che si fa, il modo in cui si decide di raccontare qualcosa, più che l’oggetto stesso, distingue un prodotto credibile da uno meno credibile. La forza di quello che Lepre fa uscire da ciò che ha scritto, ci pone di fronte a qualcuno che sa quello che sta facendo, dove nessuna parola, nessuna sillaba, nessun fonema è messo lì per caso. La voce, e l’interpretazione del testo stesso, si piegano in maniera intelligente tra distorsioni, cambi di tempi, cambi di bpm: sono nei loro spazi e fanno esattamente quello di cui il brano ha bisogno.

“L’amore” è la traccia d’apertura, con i suoi beat elettronici che un po’ alla volta vengono accompagnati da un basso incalzante e un riff di chitarra pulito che termina in un’esplosione che può ricordare i Bloc Party di Silent Alarm. Si continua con “Kimi”, dove emergono le influenze degli Strokes e poi con “Le nostre vite”, uno dei momenti più alti dell’album: dietro a una struttura strumentale che coniuga pop, post punk e post-rock, la voce ripete uno stesso concetto, quello di affrontare dinamiche sociali, individuali, sentimentali, facendo finta di affrontarle: facendo finta di stare bene, facendo finta di essere felici, facendo finta di averci provato. La costruzione di un’auto illusione cosciente di un’idea soffocante che le cose vadano comunque bene, sempre, qualsiasi cosa accada, per la conservazione di uno status quo che rassicura, in una poetica che rimanda a un certo tipo di letteratura, soprattutto americana: da John Cheever a Richard Yates, fino a Raymond Carver.

In “Bianca” riemergono le influenze degli Strokes (Is This It), mentre in “L’ultima febbre romantica”, l’outro, con un repentino e spiazzante cambio di scala, sembra una sintesi di quello angoscioso fatto dai Verdena in “Glamodrama”.

“Il sogno americano”, con il cantato parlato, gridato, non-melodico, si rifà a un mondo che ha avuto come maggiori esponente i CCCP e a cui oggi i Managment del dolore post-operatorio stanno basando il proprio modo di esistere. Fantasmi è pieno di un sentimento che sfiora la rassegnazione e il disincanto: le cose vanno in un certo modo e ce le facciamo andare bene, in un’oppressione che sembra poter avere origine dall’esterno, ma che forse nasce e si sviluppa in noi. In quest’ottica, “All’uscita del circo” (quale circo? la realtà che viene menzionata? Gli altri? Noi?), sembra l’unica via per scappare: «Se sei chiuso nell’oscurità, se sei vittima della realtà, se non riesci a ritrovarti io sono qua».

Fantasmi è un lavoro ben strutturato, coerente nel suo essere mutevole. Un album che funziona, che ha le caratteristiche per imporsi a livelli importanti. I Fantasmi sono onesti, e un’onestà di questo tipo è la base su cui poter fondare una carriera autorevole.

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LA CRITICA

Album d’esordio per i Fantasmi, Fantasmi è un lavoro maturo che segue in parte la scia dell’indie-rock tracciata dagli Strokes, in parte quella dei Verdena, prodotto in maniera notevole, dove i testi, e la loro interpretazione, spiccano per potenza e profondità. Ma è soprattutto un album godibile.

VOTO

7,5/10

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