“Scritto sulla tua terra”
di Mauro Libertella
Elaborare la perdita del padre, e insieme seguirne la strada
di Chiara Gulino / 18 settembre 2015
L’amore può persistere anche nell’assenza fisica di coloro che amiamo. Scriverne è un modo terapeutico di dare un nome al proprio dolore.
Scritto sulla tua terra (Caravan Edizioni, 2015) di Mauro Libertella è un tentativo di rendere visibile ciò che è invisibile, quella fitta schiera di pensieri e sentimenti che rimarrebbero altrimenti nascosti nell’anima. È una rielaborazione del lutto paterno che non cede mai al didascalismo dei buoni sentimenti quali pietà e autocommiserazione.
È un fare i conti con una figura ingombrante. Il padre di Mauro è infatti Héctor Libertella, uno degli scrittori più rappresentativi della letteratura sudamericana, ma da noi colpevolmente sconosciuto.
Mauro ha ventitré anni quando il padre muore nel 2006, gli stessi che Héctor aveva quando scrisse il suo primo libro e ricevette un primo premio letterario. La sua eredità è «un fila di originali mai pubblicati, libri già belli e pronti, uno accanto all’altro in uno scaffale della libreria», i ricordi fissati in una serie di fotografie. La sensazione è un senso di inappartenenza, un vano tentativo di rispecchiarsi in un’immagine che riflette una realtà di diversità: «A tratti sento ancora che questo cognome non mi appartiene. Mi capita di sentirmi uno straniero, un usurpatore di quelle dieci lettere latine. Una volta lui aveva detto: “Etimologicamente, Libertella, significa ‘libro per la terra’. Questo è il libro che annaffio tutti i giorni.”».
Il pericolo è quello di perdersi: «Guardavo quelle foto e cercavo me stesso».
Esiste tutta una letteratura sul rapporto, spesso conflittuale, padre-figlio, attraversata da una contraddizione che cerca di superare scrivendo: da un lato l’idealizzazione della figura genitoriale, dall’altra la necessità di una sua edipica uccisione, una obbligata presa di distanza, con una promessa di redenzione. Per la maggior parte si tratta di inetti, disadattati privi di una propria identità: Zeno Cosini, protagonista de La coscienza di Zeno di Svevo riceve da suo padre come ultimo gesto prima di morire, uno schiaffo; Kafka avverte solo freddezza e estraneità; Giuseppe Berto ne vede causa e origine del suo Male oscuro.
Quasi preda di allucinazioni, Mauro cerca suo padre nei luoghi da lui frequentati di Buenos Aires, ripercorrendo la sua geografia dell’anima: lo stadio; il bar Varela Varelita; il fruttivendolo all’incrocio tra calle Paraguay e la Malabia; il chiosco dove comprava le sigarette; la rosticceria di Claudio; la copisteria; la pizzeria Ferreiro.
«Quasi tutto, in questo reticolo di tre o quattro isolati, museo in miniatura del crepuscolo di mio padre, mi ricorda lui».
Il romanzo, dalla struttura semplice e trasparente quale solo il dolore può dettare, è costellato da ricordi di gioie spicciole e offuscato dalla coscienza di un decadimento fisico che negli ultimi anni si fa sempre più evidente, aggravato da alcolismo e malattia, raccontato con l’affetto e la spietatezza che solo un figlio può avere.
Uccidere il padre, elaborarne il lutto, per Mauro significherà lasciarsi alle spalle quel «sole stentato, invernale» che «proiettava i suoi ultimi raggi contro il muro e la libreria» della casa di Héctor.
(Mauro Libertella, Scritto sulla tua terra, trad. di Vincenzo Barca, Caravan Edizioni, 2015, pp. 96, euro 9,50)
LA CRITICA
Scritto sulla tua terra è il primo romanzo di Mauro Libertella e affronta forse uno dei temi più difficili: il rapporto con il padre e la sua perdita. Ma è anche un invito a cercare la propria identità e trovare il se stesso unico e individuale di ciascuno aldilà dei vincoli di sangue.
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